Gli imprenditori altoatesini: basta paura dell'immersione scolastica, favoriamo gli scambi
Ne è convinto anche Franz Staffler, presidente della "Wirtschaftszeitung"
BOLZANO. «Non spetta a noi dire come riorganizzare la didattica, ma è certo che la scuola deve fare di più: le competenze linguistiche dei nostri giovani non bastano e in un contesto che diventa sempre più internazionale rischiano di diventare ancora più insufficienti, perché oltre all'italiano e al tedesco bisogna conoscere anche l'inglese e possibilmente una lingua in più, magari il cinese o il giapponese». Christof Oberrauch, presidente degli imprenditori di lingua tedesca del Wirtschaftsring, non ha paura di chiedere troppo alla scuola altoatesina: «Finora non abbiamo fatto abbastanza, ma sono convinto che i nostri giovani hano le capacità per cambiare marcia».
Ne è convinto anche Franz Staffler, presidente della "Wirtschaftszeitung", il settimanale degli imprenditori sudtirolesi che nella sua ultima edizione si è schierato apertamente a favore dell'immersione linguistica: «Ma non è tanto l'economia che lo chiede, è una richiesta che arriva da tutta la società altoatesina. La battaglia a favore dell'immersione la portavo avanti già più di 30 anni fa come studente: è passato tanto tempo, ma dopo un lungo periodo in cui anche solo discutere di questo tema era tabù e la parola immersione era quasi una bestemmia, ora finalmente si sta muovendo qualcosa».
Anche Staffler, come Oberrauch, non vuole rubare il mestiere agli esperti di didattica: «Però - dice - non possiamo non notare il cambio di mentalità che c'è stato rispetto al passato. Gli italiani hano capito che è necessario imparare il tedesco, i sudtirolesi si stanno rendendo conto che imparare una lingua in più non significa rinunciare alla propria identità. In questi anni abbiamo pagato una grande colpa della politica, quella di vivere in due mondi separati. Invece la nostra ricchezza è proprio quella di poter crescere assieme. Faccio un esempio concreto: chi vuole imparare bene l'inglese va a fare uno scambio in Inghilterra. Da noi questo non serve, basta bussare alla porta del vicino. Oppure - e qui mi rivolgo alle scuole - basta favorire gli scambi all'interno delle classi, permettere ai ragazzi di stare assieme durante le pause, organizzare le gite scolastiche in comune. Gli esperti ci dicono che le lingue si imparano meglio da bambini: prima si inizia e meglio è, anche perché l'apprendimento avviene in modo giocoso e diventa più semplice. Non è solo questione di regole di grammatica, ma anche di apprendimento della musicalità di una lingua». Staffler chiude con un appello rivolto anche ai genitori: «La scuola può fare molto e non posso che salutare con favore le aperture di entrambe le intendenze, ma serve che anche le famiglie facciano la loro parte. Anche i genitori devono sforzarsi di frequentare l'altro gruppo linguistico, partecipare a iniziative comuni, abbattere le divisioni che ad esempio ci sono ancora tra i diversi gruppi sportivi. Mi sembra che ormai la società altoatesina sia consapevole che bisogna abbandonare gli steccati del passato».
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