Gli occhiali della Slokker sono saliti in cima al K2

L’azienda bolzanina è partita nel 1965 con la vendita di creme da alta montagna Il titolare: «Ci siamo specializzati nella creazione di maschere e caschi da sci»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. Gianni Sartori è orgoglioso: gli occhiali da alta quota e le maschere da sci con il marchio “Slokker”, arrivati fino in cima al K2 con gli alpinisti che hanno partecipato alla spedizione italo-pachistana coordinata da Agostino Da Polenza, vengono progettati e disegnati a Bolzano, in via Buozzi. Le immagini della conquista hanno fatto il giro del mondo, perché quest’anno ricorre l’anniversario dei 60 anni della prima ascensione portata a termine da Achille Compagnoni e Lino Lacedelli.

Ma quando è iniziata l’avventura dell’azienda bolzanina nel mondo dell’alta quota?

«Mio padre Carlo nel 1965 ha cominciato a commercializzare creme solari, poi nel 1980 abbiamo creato il marchio “Alpen”. La formula chimica è nostra, la produzione viene fatta da una ditta vicino ad Abano Terme».

Dalle creme agli occhiali.

«Continuiamo a produrre creme specifiche per la montagna, ma abbiamo aggiunto occhiali, maschere e caschi da sci con il marchio Slokker che vendiamo nelle principali stazioni turistiche altoatesine, oltre che in Austria, Germania, Svizzera. In azienda lavorano nove persone e siamo in tre soci: oltre a me e a mio fratello Gino, c’è Herbert Gruber».

Occhiali, maschere e caschi vengono progettati qui, e la produzione?

«Maschere e caschi vengono fatti vicino a Varese; gli occhiali a Taiwan, ormai nessuno produce più questo tipo di prodotto in Italia, perché i costi sono troppo elevati».

La crisi nel vostro settore si sente?

«La sentiamo meno di altri, perché lavoriamo con i Paesi dell’arco alpino che hanno un turismo di tipo internazionale. La crisi l’hanno sentita relativamente o non l’hanno sentita affatto. I nostri prodotti li vendiamo anche nelle principali stazioni sciistiche altoatesine, frequentate in linea di massima da persone che hanno una certa disponibilità economica».

Cos’hanno di particolare i vostri prodotti?

«I materiali usati, ma soprattutto i filtri, sono particolari: la protezione dai raggi ultravioletti è del 100% e 92% per quanto riguarda la luce».

Il vostro fatturato?

«Intorno ai 5 milioni di euro».

Il marchio Slokker ha in cantiere qualche nuovo prodotto?

«Da un paio d’anni abbiamo sviluppato il casco da sci con la visiera. Per il prossimo inverno siamo pronti a lanciare sul mercato una visiera innovativo polarizzata e fotocromatica».

Lo sciatore che vantaggio avrà?

«La visiera monta delle lenti che tolgono i riflessi e cambiano colore a seconda delle condizioni di luce».

Il target per questo tipo di prodotto?

«Siamo nella fascia di età dei 40-50 anni. Purtroppo oggi i giovani vanno meno a sciare, perché i costi sono elevati e ci sono meno soldi di una volta, quando si cominciava a lavorare prima» .

Chi sono i vostri concorrenti?

«Soprattutto multinazionali. Noi riusciamo a ritagliarci una nostra fetta di mercato puntando su un buon rapporto qualità-prezzo».

Quante maschere e occhiali avete dato per la spedizioni sul K2?

«Una trentina».

Come è nato il contatto con con la spedizione?

«Grazie ad un amico, Giorgio Gajer (vicedirettore della Fiera e membro del soccorso alpino del Cai): a lui avevo già fornito le maschere quando aveva partecipato nel 2010 e nel 2012 a due spedizioni in Groenlandia. Adesso mi ha chiesto se avevo del materiale per la spedizione sul K2. Per noi è una bella soddisfazione vedere le nostre maschere e i nostri occhiali sulla seconda montagna più alta del mondo».

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