«Ho lasciato la Chiesa per amore»

Il francescano Georg Reider diventa luterano dopo 26 anni di sacerdozio



CALDARO. A 56 anni ha deciso di stravolgere la sua vita. Georg Reider, da 33 anni frate francescano, da 26 anni sacerdote, ha lasciato la chiesa cattolica, convertendosi all'evangelica luterana. Per decenni ha atteso un'ampia riforma del cattolicesimo, che non è mai arrivata. Poi ha conosciuto una donna ed è scattata la molla.

«La mia partner vive a Dresda, io lavoro a Caldaro. Non credo ci sposeremo, ma non mi pareva giusto nascondere la nostra relazione». Georg Reider vive a Caldaro ed è il presidente del centro Tau, una cooperativa sociale con sette collaboratori: psicologi, psicoterapeuti e consulenti. Organizza corsi di formazione per ragazzi e giovani, fa consulenze, sostiene chi vive un momento di difficoltà e di crisi. Insomma, fa attività pastorale. O, come la chiama lui, Seelsorge, ossia, letteralmente, cura dell'anima. Attività che avrebbe voluto continuare lì, ma a Caldaro non potrà: i Francescani lo hanno sfrattato.

Se ne dovrà andare entro un anno. «Da una parte capisco la delusione dell'ordine, dall'altra sarebbe un grande segno di speranza, se due diverse confessioni cristiane lavorassero a un progetto comune, pastorale e sociale», racconta senza alcun rancore. Nato nel 1955, nel 1977 Georg Reider entra nell'ordine dei frati minori, studia teologia a Bressanone

Dal 1992 al 2000 è docente di didattica della religione e di spiritualità presso l'istituto superiore di teologia a Bressanone. Studia ancora e si specializza pure a Firenze, Denver e Würzburg. In primavera, dopo un anno e mezzo di profonda riflessione, esce dall'ordine dei frati minori e si converte alla chiesa evangelica luterana. Per amore, si potrebbe banalizzare. Ma la sua scelta ha radici alquanto più profonde.

«Per carattere - spiega Rieder - mi è sempre piaciuto percorrere vie nuove, di apertura, di sviluppo, nella direzione di una chiesa viva, nello spirito di Giovanni XXIII e del Concilio Vaticano II. Così speravo, specialmente nell'ultimo decennio, che arrivassero almeno cenni di riforma». In quali ambiti, in particolare, si augurava dei cambiamenti?

«Sono almeno quattro. In primo luogo l'obbligo del celibato per i preti: è una scelta personale, non dovrebbe essere legata al sacerdozio. Ognuno dovrebbe essere libero di legare alla vocazione sacerdotale la vita coniugale o quella celibe. In secondo luogo, il ruolo della donna nella chiesa. Se la chiesa lo permettesse, le donne potrebbero apportare grandi contributi anche a livello sacramentale e ministeriale, come nella società civile. Gesù ai suoi tempi aprì alle donne, in una società molto rigida e chiusa nei loro confronti. Terzo, la marginalizzazione dei separati e dei divorziati e, infine, la questione della sinodalità».

Tradotto in terminologia politica, la democrazia? «Esatto: in termini teologici si parla di sinodalità. La chiesa seconda la teologia del nuovo testamento dovrebbe agire maggiormente secondo il consenso e la compartecipazione, piuttosto che vincolata a principi gerarchici». Un tradimento, il suo? Soprattutto nel religioso e cattolicissimo Alto Adige? «Non credo. I valori trasmessi da Francesco e da Lutero sono alquanto simili: entrambi sono stati riformatori della chiesa. Certo, per il governo provinciale e i miei confratelli è stato difficile perdere uno di loro, particolarmente considerando la crisi delle vocazioni. Ciò nonostante sarebbe stato molto bello se avessi potuto continuare col centro Tau come in passato, al convento dei francescani di Caldaro. Peccato. Continuerò altrove».

La sua relazione, cosa si sente di raccontare? «Non penso ci sposeremo, perché viviamo lontani. La mia compagna è una teologa luterana, vive a Dresda. Abbiamo molto in comune, parliamo spesso di questioni religiose e meditiamo insieme. Quando è arrivata lei nella mia vita è cambiato tanto. È stata un'esperienza preziosa. Non so come si possa far consulenza su certi aspetti, se non se ne conoscono le dinamiche, se non si è una delle forze in campo. Non che i protestanti siano perfetti, ma hanno avuto il coraggio di realizzare una riforma storica ormai cinquecento anni fa. Magari in futuro potrei essere ordinato pastore all'interno della chiesa luterana. Vedremo: tutto è aperto».

Come l'hanno presa i fedeli, i conoscenti, i compaesani? Hanno apprezzato il suo coraggio? «Non mi piacciono le polemiche e non desidero essere considerato un eroe. Non l'ho fatto per sentirmi dire: bravo. Però la maggior parte delle persone incontrate mi pare abbiano compreso. Per la mia anima sarebbe stato indegno celare agli altri la mia relazione. Ho scelto di rendere pubblica la mia storia e di rimanere al mio posto. È stata, forse, una sfida verso me stesso e la negazione degli altri nei confronti dei cambiamenti, della diversità, del nuovo. Mi conforta che una parte di persone vicine e conoscenti abbiano accolto con grande rispetto la mia scelta».

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