Huber ammette: «Ha deciso solo Renzi» 

Il segretario: «Fortunati ad avere Bressa. Delrio sicuro al 99,9%». Bizzo attacca: incapaci di proporre un nome forte



BOLZANO. «A questo punto lo dico: dobbiamo ritenerci fortunati ad aver avuto Gianclaudio...». Che intende, segretario? «Che senza di lui ci troveremo con due candidati esterni. Così almeno c'è Bressa a rappresentarci e, forse, avremo la fortuna di avere anche Delrio. Che sa chi siamo e cos'è l'autonomia». Alessandro Huber a capo della delegazione Pd, di ritorno da Roma, guarda al bicchiere mezzo pieno, nonostante Bolzano non sia riuscita a far accettare a Renzi un nome "del territorio" per il collegio della Camera. Chi vede invece il bicchiere mezzo (se non del tutto...) vuoto è invece Roberto Bizzo. Che dice: «Mi stupisco di chi si stupisce. Perchè è solo questo Pd ad avere la piena responsabilità di un fallimento annunciato. Il Pd non è solo il Pd, ha la responsabilità di un territorio. E vanno costruite, in questa luce, intese più ampie. Non ristrette. Tutto il lavoro fatto per portare uno di qui a Roma - spiega il presidente del consiglio provinciale e leader della minoranza interna dem - è andato in fumo. Avevamo Luisa (Gnecchi ndr), oggi non si sa. Ma sicuramente uno che pioverà qui secondo logiche nazionali e non territoriali». Perché parla di responsabilità? «È evidente: il Pd non ha voluto le primarie, non ha coinvolto il centrosinistra, non ha accettato la sinistra al tavolo di una possibile coalizione ed ecco i risultati». Per Bizzo, l'agire in una prospettiva di condivisione "più larga" delle candidature avrebbe potuto portare ad un altro risultato. «Mi pare chiaro che se si fosse andati da Renzi con una buona intesa, con tutto un territorio alle spalle a proporre un nome, Bolzano avrebbe avuto un peso ben maggiore nelle trattative». E questo, per il presidente del consiglio è il frutto di una scelta: «Aver voluto il congresso per blindare solo la candidatura di Bressa e, di conseguenza, rifiutare il percorso delle primarie». Parole dure. Che aprono un ulteriore varco nelle divisioni interne ai dem e si affiancano al disagio, anche in settori della maggioranza, sulla definitiva conclusione del progetto territoriale. Ma Alessandro Huber guarda con realismo alla situazione: «Non so se in altre condizioni, si sarebbe potuto fare di più. Io non credo». Perché ne è sicuro, segretario? «Per la ragione che, questa volta, le dinamiche nazionali sono assolutamente stringenti. Non è come in passato. La sfida che destre e grillini portano a noi e al governo è concentrica». E rivela: «Renzi, può piacere o no, ci ha detto chiaramente: su questo schema io pongo la fiducia. E ne riparliamo dopo il 4 marzo. E tutti i 150 delegati che erano lì sono rimasti in silenzio. Non noi in particolare, che almeno avevamo Gianclaudio. Se si vince si vince di una incollatura - prosegue - ed è necessario coalizzarsi. Ci sono i centristi, c'è la Bonino. In Emilia erano abituati a decine di loro candidati: ora ne avranno quattro o poco più». Insomma, “à la guerre comme à la guerre”, come dicono i francesi: la guerra è guerra. E non ci sono spazi per eccessive sfumature. A questo punto, con Renzi che ha già disegnato lo schema per l'Alto Adige, resta la speranza, non ancora la certezza, per i dem altoatesini di avere Delrio come secondo nome dopo Bressa. «Non conta qui dire che sia gradito alla Svp - chiosa Huber - ma che ci conosca e conosca le nostre dinamiche. Ha seguito la concessione A22, è spesso un punto di riferimento per i nostri passaggi costituzionali». Insomma, come successe con Mattarella, paracadutato qui, ai tempi? «No, non così- insiste polemicamente Bizzo - perché per l'attuale presidente noi ci mobilitammo, Bolzano raccolse le firme per il proporzionale allora, ci fu coinvolgimento. Adesso c'è stato solo un no». A questo punto, in ogni caso, in piazza Domenicani aspettano tra domani e dopo, una telefonata da Lotti: sperando che il nome sia proprio Delrio.















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