I fiorai contro “i carretti” «Non pagano le tasse»

Fa discutere il caso dell’ambulante romeno multato dai vigili urbani «Noi siamo oberati dal fisco, chi vende fiori come loro non versa un euro»



BOLZANO. «Mi sono arrabbiata sentendo e leggendo una serie di commenti in difesa del “povero” venditore ambulante di fiori multato dai vigili urbani e contro noi fiorai troppo cari. Ma nessuno che si chieda perché abbiamo prezzi diversi. Nessuno che si preoccupi delle conseguenze di andare a comprare fiori da chi non paga le tasse». Mariù Visalli, la fiorista che da vent’anni ha un negozio (Fiorissimi) in via Palermo, si fa interprete della protesta della categoria. Oggetto della discussione al bar come su facebook: la multa salata comminata dai vigili urbani ad un venditore ambulante di fiori romeno. Dovrà pagare 5.800 euro per aver violato la normativa provinciale che prevede che i titolari di licenze commerciali itineranti su aree pubbliche debbano spostarsi di mille metri ogni ora. Il fioraio ha fatto appello al sindaco perché gli tolta la multa o almeno gliela riduca: «Non ce la farò mai a pagare», ha detto.

«E noi - ribatte Visalli - cosa dovremmo dire che come tutti gli altri commercianti siamo oberati dalla tasse? Sa quanto pago solo a Seab per l’asporto delle immondizie?»

Quanto?

«Mille euro all’anno per un negozio di 25 metri quadrati. L’ambulante quanto paga? Qualcuno ha mai visto che faccia uno scontrino? Chi acquista da chi non paga tasse, non si lamenti poi se la pressione fiscale ha raggiunto livelli insopportabili».

Deve ammettere però che, soprattutto in tempi di crisi, i loro prezzi sono più competitivi?

«Anch’io se non fossi pressata dalle tasse e non avessi un affitto da pagare tutti i mesi, potrei avere prezzi diversi. Inoltre, c’è un discorso di qualità: io so da dove arrivano i fiori che vendo e con quali concimi vengono trattati».

La crisi economica unita alla concorrenza dei fiorai ambulanti e dei supermercati ha ridotto notevolmente i negozi di fiori in città.

«In effetti è così. Oggi non siamo più di 12-13. Si è salvato chi si è specializzato, ha frequentato corsi di formazione, per offrire qualcosa di particolare alla clientela».

Quando si è lanciata in quest’avventura?

«Una ventina di anni fa ».

Ha proseguito con un’attività di famiglia?

«No. Anche se da mio padre Francesco ho ereditato la passione per fiori: a casa mia non si è mai mangiato senza un piccolo fiore in tavola».

Oggi consiglierebbe ad un giovane di intraprendere questo lavoro?

«Io continuo ad esserne innamorata, ma sinceramente non lo consiglierei: troppo dura oggi. Faccio parte dell’associazione fiorai d’Italia che ne raggruppa 1200: ovunque ormai c’è il problema del ricambio generazionale».(a.m)

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