I genitori: «Serve la scuola plurilingue» 

La Consulta italiana lancia il progetto aperto alle famiglie sudtirolesi: «La politica non ha una visione per una comunità»



BOLZANO. Plurilinguismo, i genitori si rimboccano le maniche. Sono immersi in un mare di dati e di modelli differenti, spinti dall’obiettivo «garantire un futuro plurilingue ai nostri figli», stanchi dello spontaneismo che vede ogni famiglia inventarsi la propria soluzione, con lo slalom tra scuola italiana e tedesca. «Serve una visione complessiva, di lunga durata e che riguardi tutta la comunità, perché questo siamo, una comunità, italiani, sudtirolesi e ladini, beati loro, questi ultimi. Una comunità multilingue deve essere plurilingue. Su questo lavoreremo e poi chiederemo un confronto con la politica», dice Roberto Farina, presidente della Consulta genitori della scuola italiana. Venerdì l’assessore Philipp Achammer ha presentato le nuove misure per equilibrare la presenza di bimbi non di madrelingua nelle scuole materne tedesche. La scuola tedesca non escluderà nessuno, è la promessa, ma le famiglie devono darsi da fare, anche frequentando corsi di tedesco. Con queste novità sul tavolo, proprio ieri nella scuola «Langer» di Firmian la Consulta dei genitori della scuola italiana ha organizzato una sorta di stati generali sul plurilinguismo: invitate le consulte genitori delle scuola tedesca e ladina, le consulte degli studenti dei tre gruppi, i rappresentanti dei genitori e dei consigli di istituto.

I rappresentanti delle famiglie e degli studenti di lingua tedesca non hanno partecipato, dando forfait all’ultimo momento. Farina lo interpreta come un incidente di percorso, non una porta sbattuta: «Parliamo sia con i genitori che con gli studenti della scuola tedesca, c’è sintonia. Oggi è solo un inizio». Dopo le polemiche sulle scuole materne tedesche, con rischio di censimento etnico, dopo le indagini con risultati più o meno incoraggianti, i genitori fanno quadrato. «Arrivano messaggi troppo contraddittori, ogni scuola ha interesse a tutelare lo status quo. Le famiglie patiscono l’assenza di una visione univoca». Questo il titolo del seminario di ieri: «Costruire una comunità multilingue per promuovere una cittadinanza plurilingue». Sottolinea Farina: «Non parliamo solo di competenze linguistiche. Il tema è, appunto, la nostra essenza di comunità. E poi certo, vogliamo assicurare un futuro lavorativo ai nostri figli». E ancora, «vogliamo scardinare i ragionamenti utilizzati finora sui metodi, guardando alla complessità sociale». Al seminario ha partecipato come relatore Martin Dodman, linguista inglese, docente alla Lub, consulente di diversi progetti di corsi di studio plurilingui. Hanno parlato anche Stefano Zanotti, ex rappresentante della consulta genitori ladini, e Giacomo Fabris, della consulta studenti. «Vogliamo lanciare il progetto Sudtirolo 2040 per capire quale sia il modello organizzativo ottimale per le scuole. Per arrivarci, bisogna decidere quale società abbiamo in mente per i prossimi decenni. Siamo volontari, non ci arroghiamo competenze che non possediamo, ma rappresentiamo una spinta forte della società», riferisce Farina. Il modello per eccellenza resta quello ladino. Farina è uno dei sostenitori della scuola mista facoltativa: «Oggi eravamo alle Langer. Bel progetto, stessa casa, ma due scuole diverse. Diciamo che è un inizio». L’assessore Christian Tommasini rivendica «la scuola plurilingue esiste, è quella italiana». Farina risponde: «I dati ci dicono che non è abbastanza». Ieri si è parlato molto di metodi Clil (l’insegnamento di materie nella seconda e terza lingua). Dodman ha sottolineato la validità della micro-alternanza, che vede più lingue parlate all’interno della stessa lezione. (fr.g.)

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