CALDARO

I residenti di Caldaro contro il centro di identificazione

Stocker: «Non pensiamo possa essere una buona soluzione». Südtiroler Freiheit: «No agli stranieri e via anche i militari»


di Alan Conti


CALDARO. Caldaro alza un muro contro l’ipotesi di un centro di identificazione ed espulsione nell’area militare. In paese c'è molta agitazione attorno alla possibilità che lo Stato costruisca un Cie proprio sul territorio comunale.

Caldaro è l'unica amministrazione a non aver aderito allo Sprar con la Comunità Bassa Atesina-Oltradige sfilandosi da un progetto comune di accoglienza. Per molti mesi ha cercato di sottrarsi al meccanismo di redistribuzione provinciale dei migranti ma adesso lo Stato potrebbe presentare il conto. Dribblati Comprensorio e Provincia, Roma sarebbe pronta a pretendere la partecipazione di Caldaro al sistema di espulsione. Una prospettiva difficile che, tuttavia, spaventa i residenti e gli operatori turistici.

«Non possiamo accettare una simile prospettiva – spiegano Werner Thaler e Stefan Zelger, portavoce del distretto Oltradige/Bassa Atesina per Südtiroler Freiheit – perché un Cie porterebbe insicurezza tra la popolazione. Non si può calare una struttura così delicata in un tessuto turistico di grande tradizione come quello del Lago di Caldaro». L'occasione è buona per l'ennesimo attacco allo Stato Italiano e nel mirino della destra tedesca, stavolta, finiscono anche i militari. «Non portano nessun valore aggiunto al paese di Caldaro, anzi, rappresentano un motivo di confusione. Le esercitazioni con gli elicotteri, per esempio, disturbano anche la natura di questi splendidi posti. Dovrebbero spostarsi anche loro». Non solo gli stranieri in attesa di espulsione, dunque, ma nemmeno i militari sono graditi. «È chiaro che un centro di espulsione ammazzerebbe il turismo – riprende un albergatore che chiede l'anonimato – quindi bisogna muoversi nel modo corretto per evitare questa prospettiva. Non capisco perché lo Stato debba scegliere proprio Caldaro con tutta la regione a disposizione».

L'assessore provinciale competente Martha Stocker, dal canto suo, è stata molto decisa. «Non mi risulta sia stata discussa questa ipotesi. Naturalmente sulla destinazione del Cie regionale vorremo arrivare ad una soluzione condivisa con lo Stato e la Provincia di Trento. Siamo noi a fare delle proposte. In ogni caso, come noto, la funzione di un centro di espulsione è diversa da quella delle strutture di accoglienza e non ha attinenza con il sistema Sprar. Mi sembra inverosimile una ripicca per le decisioni di Caldaro».

L'unico dato di fatto, comunque, è che il Ministro dell'Interno Marco Minniti ha deciso ad aprile che tutte le regioni italiane dovranno trovare un luogo dove istituire un centro di identificazione ed espulsione (ad eccezione di Abruzzo e Val d'Aosta). Inizialmente l'orientamento statale guardava al poligono di tiro di Roverè della Luna che, per un terzo, è nel Comune di Salorno. A metà tra le due province si trattava di una soluzione di perfetto equilibrio. Il Ministero della difesa, però, non ha voluto concedere il terreno e la soluzione è naufragata. Stocker, quindi, dovrà presentare la propria lista di luoghi alternativi disponibili e giocoforza, oltre ad escludere, dovrà inserire qualche località.













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