I sindacati: i tempi del Tar sono ormai inaccettabili

Il segretario della Uil: «Bisogna metter mano alla macchina della giustizia» Il presidente della Cna: «Oltre alla crisi, burocrazia e ricorsi bloccano tutto»



BOLZANO. «La giustizia ha tempi da paura e il Tribunale amministrativo regionale non fa eccezione. Anche se si dice che quello di Bolzano sia più veloce che altrove. Ciononostante la durata delle vertenze non è più sopportabile dalla società e dall’economia. Bisogna fare quello che tutti auspicano e nessuno fa: ovvero mettere mano alla macchina della giustizia. Inoltre, servono poche leggi e chiare, adesso ne abbiamo troppe e in contraddizione spesso tra loro. Questo fa sì che ci si possa aggrappare ai cavilli per avviare cause interminabili che finiscono per bloccare tutto. Con l’arrivo del Tar è aumentata la conflittualità». Un passato da assessore all’urbanistica del Comune di Bolzano, un presente da segretario provinciale della Uil, Toni Serafini guarda con grande preoccupazione ad un settore dell’edilizia bloccato sì dalla crisi, ma anche e soprattutto da una macchina burocratico-amministrativa che si muove con la lentezza di un pachiderma. E anche quando finalmente l’iter burocratico è concluso e si potrebbe partire con i lavori, tutto si ferma perché troppe volte scattano i ricorsi. Prima al Tar e poi al Consiglio di Stato. Nell’edizione di ieri dell’Alto Adige abbiamo citato tre casi: la casa di cura Bonvicini, il parco tecnologico e la cantina di Gries. Ci sarebbero lavori per 82 milioni di euro, non si muove foglia a causa delle vertenze. E questi sono solo tre esempi, se ne potrebbero fare altri.

In questo clima ci sono imprenditori edili e artigiani che chiudono, mentre il via libera a questi tre cantieri darebbe lavoro a chi non ce l’ha.

«In quattro-cinque anni - spiega Claudio Corrarati, presidente della Cna - in Alto Adige, nel mondo dell’edilizia, si sono persi circa 4 mila posti. Si bruciano al ritmo di una trentina al mese. A questo, ovviamente, bisogna aggiungere la perdita dell’indotto che significa impiantistica, opere di finitura, forniture di materiale: tutto fermo».

Il timore di Corrarati è che ora, alla luce dello scandalo Mose di Venezia, si varino altre norme che complicherebbero ulteriormente il quadro.

«Non è pensabile che si approvino nuove regole, perché l’unico risultato sarebbe quello di appesantire ulteriormente il quadro normativo. Rendendolo ancora più incerto di quanto non lo sia oggi. È soprattutto l’incertezza che genera contenziosi amministrativi infiniti. Ci sono aziende che devono dotarsi di strutture legali proprie per districarsi nella selva di norme che regola le gare di appalto».

Il premier Renzi promette lo “Sblocca-Italia”, ovvero misure straordinarie per far ripartire opere ferme e quindi dare lavoro a chi non ce l’ha. Ma al momento prevale lo scetticismo. «La situazione - dice Serafini - è così complessa che non vedo ancora la luce in fondo al tunnel».

In attesa dunque della riforma della macchina amministrativa e della giustizia, non resta che sperare che una volta completato l’iter burocratico non scattino i ricorsi. «Noi calcoliamo - spiega il presidente dell’Ipes Konrad Pfitscher - che da quando si decide di costruire una casa a quando si consegnano le chiavi passino in media cinque anni, tre per progettazione e assegnazione lavori, due per costruire. Ma se ci sono ricorsi è un disastro. Si va alle calende greche».(a.m)













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