Il bolzanino che bocciò Hitler e la trincea tra le “due” città

La Torre del Museo venne realizzata con spirito pangermanista da Alois Delug, il professore che stroncò la carriera artistica del futuro Führer. Venne poi demolita da Piacentini, e ricostruita dalla Svp


di Paolo Campostrini


BOLZANO. La storia di Bolzano può partire dalla torre del Museo Civico. Innalzata (perché molto germanica), capitozzata dagli italiani (perché lo era troppo), ricostruita (dalla SVP) perché tornasse a esserlo. «L'architettura è stata usata come una clava - dice Oswald Zoeggeler che ieri proprio al Museo nell’ambito degli incontri del “Luoghi dell’Amore 2014”, ha raccontato in un sala strapiena dell'andare e venire degli stili e della politica ma anche rivelato un segreto. Che è questo: se un bolzanino, professore all'accademia di Vienna, non avesse bocciato al suo esame di pittura uno studente abbastanza mediocre, costui forse non avrebbe, come poi ha fatto, distrutto mezzo mondo. Questo studente si chiamava Adolfo Hitler e il professore Alois Delug.

Perché Delug c'entra con noi?

Perché è stato lui ad essere chiamato a costruire la nostra torre. Salita, abbattuta e poi ricostruita negli anni novanta dalla SVP. In effetti, poveretto, con questa storia di Hitler, ha avuto una responsabilità enorme. Se Hitler fosse passato, magari avrebbe finito per aprire una galleria, o insegnare a sua volta pittura. Comunque Delug ha poi fatto il suo lavoro a Bolzano con la nostra torre.

Un segno dei tempi

Sì, perché doveva essere molto, come dire, pan germanica. E lui vinse la cattedra a Vienna battendo un certo Klimt, che diventò molto più famoso ma che la buona borghesia guardava di sbieco. Girava nudo, stava con decine di donne, insomma un brutto soggetto.

Fare una conferenza sull'architettura a Bolzano al museo ha un senso tutto suo no.?..

Si, perché qui si vede la trincea della sfida architettonica. Da una parte il regime, di là dal ponte, che manda i suoi migliori architetti, dall'altra via Cassa di Risparmio che viene costruita non in uno stile propriamente sudtirolese qualche decennio prima come a dire: qui siamo tedeschi

Ma lei in fondo ama Piacentini...

Io amo la buona architettura. Vede, l'architettura è stata sempre solo usata. La colonna greca e' stata messa nelle chiese ma anche nelle banche come simbolo di potere. Bisogna accettare questo suo uso e guardarla oltre le ideologie. Per quello che è e per come è rimasta. E, visto che siamo intorno a San Valentino direi anche che Piacentini in fondo ha amato Bolzano

E anche lei Piacentini. E' stato il primo architetto sudtirolese a studiarlo e, come si diceva, a sdoganarlo.

Lui era vicino a Mussolini ma era un grande urbanista. Aveva un sogno e, cosa straordinaria per un architetto, ha potuto realizzarlo. Il problema è' realizzare sogni che poi restano, offrendo il senso e il segno di un'epoca.

Proprio qui, tra ponte Talvera e via Cassa di Risparmio corre la trincea architettonica ma anche etnica. E ideologica...

Sì, perché gli italiani, negli anni Trenta chiedono agli architetti di intervenire non solo nella città nuova ma anche in quella vecchia. E se in quella nuova si agisce come su un foglio bianco, oltre Talvera verso via Museo l'operazione è complessa. Si rifanno le facciate. Pensate all'edificio della Cassa di Risparmio. O alle case intorno al monumento. Si vuole dare un senso unitario non solo al nuovo. Anche in piazza Vittoria c'erano edifici già innalzati decenni prima.

L'architettura come strumento...

E così. Ma Piacentini fa di più, fa buona architettura. E quindi costringe Bolzano a confrontarsi con il nuovo che allora era lui e i movimenti che lui interpretava. In fondo, aver chiamato Delug, pochi anni prima a fare la torre, significava che Bolzano temeva il nuovo. Anche per questioni etniche. Siamo sulla faglia di demarcazione. E allora innovazione e conservazione stanno spesso a cavallo dei regimi. Ma oggi siamo diversi. Possiamo esserlo. E stare qui, in cima alla torre, e guardare alla città, Offre il senso di un movimento sempre in atto. Bello o brutto secondo i punti di vista. Ma almeno la città si muove...













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