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Il bus per l’altra Bolzano fa il pieno di emozioni

 Un San Valentino diverso, alla scoperta della città che cambia


Sara Martinello


BOLZANO. Un San Valentino diverso ha rovesciato il romanticismo, setacciandolo fino a sollevare nell’aria frizzante di febbraio una dichiarazione d’amore alla città. Ieri il #ValentineBusBz ha attraversato Bolzano partendo dalla sede dell’Azienda di soggiorno, in via Alto Adige, passando per la piazza del Tribunale, per il Noi TechPark e l’Alperia Tower (prosaicamente, “il boilerone”) e facendo poi ritorno in via Alto Adige, tracciando così un itinerario di riscoperta delle periferie storiche e geografiche. A organizzare il tour, che quest’anno è giunto alla sua ottava edizione, l’Azienda di soggiorno,  la curatrice Roberta Benatti e l’accompagnamento di Stefan Wallisch.

Il bassorilievo. Si racconta lo sviluppo della Bolzano italiana, a partire dal controverso fregio di Piffrader. Andrea Di Michele, storico, inquadra l’edificio che oggi ospita gli uffici finanziari in un paesaggio che da pre-urbano l’avvento del fascismo trasformò in ostensivo dell’avvenuta presa di potere. La casetta di campagna che sorgeva sulla destra della casa del fascio (quella era la funzione della struttura) oggi non esiste più, mentre una torre littoria, progettata ma mai realizzata, doveva competere in altezza col campanile della vicina Cristo Re. «Hans Piffrader lavorò alla scultura dal 1939 al 1943, cioè fino a poco prima che il regime cadesse», spiega Di Michele. «Narrò per immagini la storia del fascismo, dalle lotte coi militanti del Partito Comunista alla guerra civile spagnola, vinta dalla falange franchista con un pesante sostegno da parte dell’Italia, passando per l’assoggettamento della Libia e dell’Etiopia, rappresentate con un etiope in catene. Il racconto si chiude con immagini di pacificazione e di abbondanza». La “lezione” dello storico è un’occasione per comprendere la narrazione pedagogica del fascismo, quindi, che si imponeva attraverso un fitto simbolismo e un’appropriazione dello spazio visivo. Il dibattito va avanti da settant’anni: si rende necessario depotenziare l’opera. «La citazione di Arendt, che ricalca la morale kantiana, ha una sintassi elaborata che ci chiede di ragionare. “Nessuno ha il diritto di obbedire” significa che nessuno, interrogato per le proprie azioni contro l’essere umano, può nascondersi dietro l’alibi dell’ordine ricevuto: tutti siamo responsabili delle nostre azioni». Ma perché non c’è il nome di Hannah Arendt? La risposta non è scontata, ma è importante: lo scardinamento dall’autorialità fa sì che una citazione sia prelevata dal contesto del processo a Eichmann e travasata nella nostra vita quotidiana, regalando alla comunità un’occasione per riflettere senza il peso di un nome.

Il parco tecnologico. La musica klezmer del quartetto di clarinetti del Conservatorio echeggia ancora nella piazza mentre i sessanta viaggiatori romantici risalgono sul #ValentineBusBz alla volta della zona industriale. Al Noi TechPark c’è Claudio Lucchin, l’architetto che ha progettato la rinascita di quello che oggi è un campus di ricerca e che un tempo ospitava la Montecatini, che trasformava in alluminio la bauxite. Lucchin guida i visitatori attraverso i complicati spazi nascosti dalla struttura in schiuma d’alluminio: «Un tempo qui gli operai respiravano l’arsenico. Oggi è ancora un luogo di lavoro, una fabbrica, sì, ma produce conoscenza, il bene maggiore: ecco perché gli uffici sono separati da pareti di vetro, rafforzando il senso di comunità. L’arroganza, la tecnologia fine a se stessa, affligge l’evoluzione e deresponsabilizza l’uomo. Qui vige l’idea che da soli non possiamo nulla. Qualcuno temeva che sarebbe stata una cattedrale nel deserto: e invece è proprio il suo carattere pubblico, aperto a tutti, ad ancorare questa conoscenza al territorio». La tappa al Noi TechPark si conclude con la musica di ricerca: Daniele Corbari Verzelletti e Fabio Grandinetti, studenti di Musica elettronica al Conservatorio, propongono raffinate rimusicazioni di film surrealisti anni ‘20 e una performance in cui il suono proietta tridimensionalità sullo schermo, in un gioco di galassie puntinate e ordinate supernove.

L’Alperia Tower. Il sole sta calando: è il momento di scoprire l’Alperia Tower insieme all’architetto Valentina Bonato e a Paolo Vanoni, scoprendo che dove finiscono i giochi di luci e ombre cominciano a pulsare le esplosioni cromatiche del “boilerone” più noto di Bolzano.













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