Il busto di Matteotti adesso finisce accanto al muro 

La sistemazione della piazza. Protestano i socialisti: «Messo in un angolo sopra una specie di trespolo accanto al “bunker”»


Paolo Campostrini


Bolzanoi, Ma in piazza Matteotti, Matteotti dov’è? Uno ci arriva e si chiede dove mai si sia nascosto Giacomo. Prima era al centro, proprio perpendicolare all’asse . E ora? Dopo un po’ di ricerche, tra bunker ancora cementati e reti di protezione, eccolo invece: è nell’angolo, ben nascosto ai più. E a ridosso del muro di cemento che tanto aveva fatto litigare Comune e residenti. Molto in fondo.

«Certo, ci vuole pazienza ma alla fine lo si scopre il busto» sorride un vicino. Oddio, il busto è diventato meno classico. Matteotti è issato su un cilindro di metallo curvo e affusolato che lo rende quasi aerodinamico. Tutto proteso. Fossimo dalle parti di Mantova o di Fiorano potrebbe sembrare, ad un primo sguardo un monumento a Tazio Nuvolari, detto “Nivola” pilota senza eguali. Stefano Pagani è un socialista, come Matteotti. Forse molti non lo ricordano ma è stato lui, fino a poco fa presidente della Sasa, a proporre che nella piazza dedicata dopo la guerra ad uno dei martiri, il primo, della violenza fascista, ci fosse una sua presenza fisica. Una immagine, un busto. «Allora ero assessore ai lavori pubblici. E ho iniziato a pensarci per un po’ a questa idea - ricorda oggi - così ho fatto le pratiche anche amministrative e ordinato l’opera. E l’abbiamo poi inaugurata». Pagani, ultimo assessore comunale socialista. «Ho visto dov’è ora. Capisco le esigenze di progetto. In verità fino ad un certo punto... Quella è la sua piazza, si poteva e forse ancora si può decidere una collocazione migliore», conclude Pagani. Per anni, e anche l’ultima volta, davanti a quel piccolo monumento in mezzo alla piazza, l’Anpi e altre associazioni hanno messo una corona e fatto qualche discorso. «Ma perché proprio lì, in un angolo» si chiede una signora appena uscita da colazione al Romagnolo.

Già, perché? Innanzitutto per via del porticato. Una pergola metallica progettata per correre sul lato sud est della piazza fino a connettere i due bunker di ingresso e uscita dai garage sotterranei. Ma poteva magari restarci, nel mezzo e magari coperto anche sotto la pioggia. Invece no. È accanto alla fermata del bus, a filo del muro di cemento, già denominato il “muro di Berlino” quando era alta la tensione con gli abitanti.

Per Matteotti, quasi pudicamente spostato dalla sua vecchia sede, sono già giunte alcune proteste. Da lettori e cittadini. Certo, la sua piazza è vagamente sfortunata. Secondo gli ultimi aggiornamenti dell’agenda di cantiere, avrebbe dovuto ospitare di nuovo i banchi del mercato del giovedì, quello della vicina via Rovigo, già la settimana precedente le elezioni, a settembre. Non è stato così.

E oggi, in un novembre ben lontano dal primo lockdown che aveva, quello sì, drasticamente interrotto tutti i lavori, la piazza è ancora impraticabile.

È stato gettato il fondo, che rende omogeneo il quadrante piazza-via Milano senza soluzione di continuità; piantanti molti alberi a offrire la percezione di un confine ora molto labile e flessibile ma i bunker sono ancora nudi come pure molto lontana dall’essere conclusa la pergola che taglierà la piazza da un capo all’altro. Come non finito il verde all’estremità.

Tempi? «Meglio non ipotizzarli più» dice un tecnico. I lavori procedono a rilento anche se la piazza stessa, chiuso il ballottaggio, ha smesso di essere al centro della polemica politica. Non ci sono neppure più i gazebo di protesta dei partiti a ravvivarla. L’unico elemento concluso è lui, Giacomo Matteotti.

Ben piantato sulla sua base a pochi centimetri dal muro, chiuso ancora dalle grate di cantiere, si erge ritto sulla sua base. Di flessuoso, per ora, c’è solo lei. ©RIPRODUZIONE RISERVATA.













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