il caso

Il Cai scende in campo per il rifugio Tre Scarperi

L’Avs sarebbe intenzionato a mantenere solo il nome tedesco Dreischusterhütte. La denominazione monolingue potrebbe creare problemi ai soccorritori


di Giancarlo Ansaloni


BOLZANO. “Siamo stati trascinati per i capelli nella palude della toponomastica con conseguenze negative anche all’interno della nostra associazione; approfitto di questa assemblea per confermare che la Sezione di Bolzano, la più massiccia con i suoi oltre 2.000 soci, considera la materia, con le sue ripercussioni sui cartelli di montagna, un problema che riguarda esclusivamente la politica”: con questa parole il presidente Riccardo Cristoforetti, ha introdotto la sua relazione nell’assemblea annuale della sezione, dedicata ai consuntivi 2016 e ai programmi 2017 che ha toccato tutti i settori di attività dalla roccia alla speleologia, dai rifugi al soccorso alpini e finale con la premiazione dei soci meritevoli o di lunga militanza.

Ma uscita dalla porta la toponomastica è rientrata dalla finestra, durante il dibattito sull’onda dell’intervento di un socio che ha riferito di una presunta polemica in atto fra l’Avs e la sezione di San Candido, con la denuncia di seri rischi che si sarebbero profilati per l’efficienza dei soccorsi in montagna.

Tutto sarebbe partito da un servizio di un giornale in lingua tedesca, secondo il quale il presidente dell’Avs Simeoni avrebbe sollecitato il gestore del rifugio “Dreischusterhuette” (in Italiano “Tre Scarperi) a togliere la versione italiana dalle insegne, dalla pubblicità e dalle carte intestate sulla base di una risoluzione risalente a otto anni fa, che prescriveva un provvedimenti analogo per tutti i rifugi di proprietà dell’Avs.

La proposta avrebbe però suscitato la decisa reazione della sezione di San Candido, sfociata in un perentorio invito a Bolzano a non intromettersi nelle cose altopusteresi e soprattutto a mantenere le distanze dalla politica. Preoccupati più di tutti sarebbero i soci del soccorso alpino, che paventerebbero ripercussioni anche sull’efficienza del servizio in generale e non solo in Alta Pusteria.

Il Bergrettungsdienst, come il corpo di soccorso del Cai, è strettamente legato come “emanazione”, alle rispettive associazioni. Senza Avs né Cai in sostanza non esisterebbe il soccorso alpino. I volontari pusteresi, (ma anche il presidente dell’Avs di San Candido che avrebbe minacciato di dimettersi) avrebbero fatto presente che chiamate di soccorso e ricerche potrebbero andare in tilt per il rischio di malintesi con le centrali di ascolto, per via delle diverse lingue e non solo per italiani e germanofoni, bensì ancor più per le migliaia di turisti dell’Est.

Basterebbe un difetto di pronuncia al telefono da parte dei richiedenti aiuto circa le località, finora bilingue sulle carte ma con rischio di cancellazioni sui cartelli, per generare confusione fra gli operatori, sia a terra che in volo, oggi perfettamente addestrati nell’identificazione dei nomi nelle due, anzi tre versioni, visto c’entra anche la Ladinia, con i suoi toponimi in testa ai cartelli.

Per un complesso di circostanze e disposizioni di legge, la vicenda avrebbe aperto una falla anche nei rapporti fra Avs pusterese e i Berufsfeuerwehr (pompieri volontari) a loro volta impegnati nei soccorsi in quanto parte attiva della Protezione Civile.













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