«Il cittadino dell’anno» è il generale Bosin 

Il premio gli è stato conferito, ieri sera, durante una cerimonia al Circolo cittadino Il riconoscimento per il suo impegno a favore della diffusione dello sport



BOLZANO. «Troppe ore passate davanti al computer, a giocare con lo smartphone, a sfidare un avversario elettronico. Bisogna che i giovani - a partire dai più piccoli - tornino a praticare sport. La scuola è chiamata a fare di più, ma i primi a crederci devono essere gli insegnanti. Fino a qualche anno fa portavamo 80-100 bambini delle elementari di Bolzano a Passo Lavazè a fare fondo: le scuole mettevano a disposizione l’attrezzatura. Non si fa più, perché gli istituti hanno meno soldi e quelli che hanno li spendono per fare altre cose. Eppure se vogliamo rilanciare discipline come l’atletica, nella quale siamo praticamente inesistenti, bisogna ripartire dai giovanissimi». Il generale degli alpini Carlo Bosin, 81 anni, fiemmese di nascita e bolzanino di adozione, ha sempre creduto nel forte potere educativo e formativo dell’attività sportiva. Tanto che quando negli anni Novanta ha lasciato l’Esercito per andare in pensione, si è messo alla guida dell’Ussa, l’Unione società sportive altoatesine (ne raggruppa in tutto un’ottantina, ndr); ha presieduto fino a poco tempo fa anche il Giro delle Dolomiti (oggi il presidente è Simon Kofler) e il Centro tennis Ussa (oggi alla guida c’è Giovanni Romano).

Per la passione e l’entusiasmo, messi nel promuovere l’attività sportiva e nell’organizzazione di eventi, ieri al Circolo cittadino, la presidente Maria Carmela Carriere gli ha conferito il premio “Il cittadino 2017”.

«Contento? Molto di più - assicura il generale - perché sinceramente non me lo aspettavo».

Da dove nasce la sua passione per lo sport?

«Ho ereditato sia la vocazione militare che la passione per lo sport da mio padre Leone Bosin, al quale era dedicata una caserma a Merano. È morto sul fronte albanese ed era un grandissimo appassionato di sport invernali».

I suoi sport preferiti?

«Atletica leggera: da giovane gareggiavo con l’Ata Battisti. E poi lo sci in tutte le salse: sci nordico, sci alpino, scialpinismo. Sono stato anche istruttore e i miei militari li ho messi tutti sugli sci».

E il ciclismo?

«Devo dire che non era tra le mie passioni».

Però per 20 anni lei ha presieduto il Giro delle Dolomiti.

«Tutta “colpa” dell’allora vicepresidente della Provincia Michele Di Puppo che nel 1996 mi disse che Defranceschi, storico fondatore del Giro, voleva mollare. Io ero disposto a dare una mano, non a subentrargli. Invece le cose andarono diversamente: Defranceschi lasciò la guida e io mi ritrovai presidente».

Cos’è cambiato in questi 20 anni per quanto riguarda quell’iniziativa?

«Tutto».

Ovvero?

«Alle prime edizioni partecipavano soprattutto operai. Non a caso si era deciso di fare la manifestazione, che dura una settimana, a cavallo tra l’ultima settimana di luglio e la prima di agosto. Adesso molti sono professionisti che arrivano da mezza Europa e non hanno bisogno di aspettare che chiudano le ditte per mettersi in sella».

All’inizio quanti erano i partecipanti?

«Poco più di un centinaio, oggi siamo intorno ai 700. Di più non si può».

Lei guida l’Ussa da oltre 20 anni, c’è qualcuno che, nei prossimi anni, vorrebbe prendere il suo posto?

«Lo sto cercando».

Non c’è la corsa per questo tipo di cariche.

«Assolutamente no, perché ci sono un sacco di responsabilità e ogni anno sono sempre di più. Noi alle società sportive offriamo soprattutto consulenza legale e fiscale».

Come Ussa gestirete la pista da ghiaccio di via Genova per i prossimi due anni.

«L’impianto apre proprio oggi».(a.m)















Altre notizie

Attualità