Il convitto che vieta la mensa alle donne

Le lamentele degli ospiti della struttura costata alla Provincia 4 milioni di euro e realizzata sull’area ex Mignone


di Antonella Mattioli


BOLZANO. Il collegamento wi-fi promesso non c’è, la lavanderia c’è ma non è utilizzabile, le donne, contrariamente a quanto prospettato in un primo tempo, non possono utilizzare la mensa del convitto di via Fago e, cosa che crea i maggiori disagi, la struttura chiude durante le ferie scolastiche. Le lamentele sono contenute in una lettera che i 16 ospiti del nuovissimo convitto “City college Rosenbach”, realizzato dalla Provincia sull’area dell’ex caserma Mignone, hanno inviato ad Andrea Felis, dirigente del convitto Damiano Chiesa di via Fago da cui dipende anche quello di Oltrisarco. Nella lettera - pubblicata da Taxi mensile del quartiere che ha sollevato il caso - si chiedeva uno sconto del 10% sull’affitto a parziale copertura delle maggiori spese sostenute per il collegamento internet. Risposta? Al momento, a quanto pare, nessuna.

Il malcontento è giustificato dal fatto che l’affitto mensile ha prezzi di mercato e soprattutto non sarebbero state rispettate le condizioni iniziali. Per una stanza singola in un minialloggio da dividere in due con angolo cottura e servizi in comune si pagano 310 euro (330 per chi arriva da fuori provincia) al mese. Il convitto, che si affaccia su piazza Nikoletti, è stato costruito sopra l’asilo nido ed è costato alla Provincia 4,2 milioni di euro. Finito due anni fa è rimasto chiuso fino a settembre per mancanza di personale. Era stato pensato inizialmente per gli studenti della vicina scuola per le professioni sociali “Levinas”, ma oggi è aperto anche a persone che lavorano: al secondo piano ci sono i minialloggi per gli uomini, al terzo le donne.

«Sulla carta, ovvero in base alla brochure, la struttura si presenta come una buona soluzione per chi debba stare a Bolzano - racconta una delle ospiti - per un certo periodo. Ma la realtà è molto diversa. A partire dal disagio e dalle spese causate dall’obbligo di dover uscire dalla struttura nei periodi di sospensione dell’attività scolastica. Motivo? Manca il personale di sorveglianza. Ma nel modulo firmato al momento dell’ingresso nel convitto ci era stata data la possibilità di restare sotto la nostra responsabilità. Poi però ci hanno detto che quella dichiarazione è carta straccia e che è possibile restare solo in caso di eccezionali e motivate esigenze legate alla formazione, non a ragioni personali». Risultato: quasi tutti gli inquilini hanno dovuto “emigrare” durante la settimana di Ognissanti tra ottobre e novembre e lo stesso dicasi per il periodo natalizio dal 24 dicembre fino al 6 gennaio. L’affitto però deve essere pagato per tutto il mese.

Altra questione: internet. Agli ospiti era stato assicurato il collegamento wi-fi, peccato che il collegamento non ci sia. In alternativa è stato proposto di usare la rete della biblioteca, ma la sera e nel fine settimana è chiusa. Inevitabile quindi usare le chiavette Usb.

Da internet alla lavanderia. La struttura dispone di due lavatrici ma un cartello posto all’ingresso avvisa gli ospiti che per “motivi di sicurezza e controllo della struttura non è possibile fare uso della lavanderia. «A me - dice un’inquilina - sembra di vivere accampata. Lavo la roba e la faccio gocciolare nella doccia, quindi me la porto in camera perché il bagno lo divido con un’altra persona».

Altro motivo di lamentela, il servizio mensa promesso e poi negato alle donne.

«Nel modulo d’iscrizione si dava la possibilità, pagando 20 euro in più al mese, di usufruire del servizio mensa presso il convitto di via Fago. Ho deciso subito di approfittarne. Ma quando io e le altre ospiti siamo arrivate qui ci hanno detto che al convitto possono accedere soltanto gli uomini, visto che nei minialloggi riservati alle donne c’è il fornello e quindi possono cucinare, mentre gli uomini hanno la cucina in comune».

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