Il corpo delle donne e l'umiliazione in tv. Zanardo: basta silenzi

A Bolzano l'autrice del documentario e del libro sulla porno-televisione


Paolo Morando


BOLZANO. In rete il suo documentario «Il corpo delle donne» è stato visto da quasi 2 milioni di persone. Lorella Zanardo ha trasformato il tema della mercificazione nella tv italiana di seni e natiche femminili in un argomento di rilevanza nazionale. Seguito naturale di quel documentario è un libro dal medesimo titolo (pubblicato da Feltrinelli) che la Zanardo presenterà domani a Bolzano. Veline, Letterine, vallette date in pasto - seminude - in programmi tv, calendari, pubblicità. Uno scandalo tutto italiano. La Zanardo, bocconiana, un passato recente di manager, si dice ancora sorpresa del perché per anni nessuno abbia sollevato il problema.
Perché le donne, che costituiscono il 60% del pubblico televisivo, non scendono in piazza a protestare contro l'uso che la tv italiana fa del loro corpo?
Da una parte, in Occidente, l'avvento del liberismo ha contribuito a far sì che anche per noi donne l'affermazione passasse anche attraverso la ricerca del profitto, la realizzazione nel lavoro: questo impegno totale è stata una delle cause della crisi del femminismo. Poi, per noi italiane, vi sono stati alcuni episodi particolarmente importanti: a partire dal fatto che negli ultimi 30 anni il nostro immaginario è stato colonizzato dalla tv commerciale e dall'uso che questa ha fatto del corpo femminile per vendere, un uso molto più forte che altrove. Terzo motivo, la totale disfatta della tv pubblica di fronte a questo modello: la Rai avrebbe potuto assumere il ruolo, e il profilo, che ha ad esempio la Bbc in Gran Bretagna, mentre invece si è totalmente adeguata alle logiche della tv commerciale. E poi, ma è un aspetto che attende ancora di essere indagato a fondo, la presenza così forte nel nostro Paese della Chiesa: che sull'uso del corpo della donna a fini mercantili dovrebbe intervenire con autorevolezza, ma che invece lo fa pochissimo.
Non crede che la situazione nella nostra tv sia ormai irreversibile?
Io sono immersa in questa vicenda ormai da due anni e devo dire di essere più spazientita che delusa. Ma ci sono segnali positivi, specie in rete, sui blog. Sono moltissime, soprattutto le giovani donne, a protestare. E poi accadono fatti concreti: ad esempio, proprio di fronte a una protesta in rete e attraverso il «mail bombing» è stata recentemente ritirata una pubblicità particolarmente umiliante per le donne, quella della Sisley che ritraeva una ragazza sdraiata con la testa all'indietro e un cetriolo in bocca.
Da mesi gira l'Italia per presentare documentario e libro. Che sensazioni ha? Cresce la consapevolezza tra le donne?
Una cosa che non mi aspettavo è la presenza a questi incontri di tanti giovani uomini, anche sul blog del nostro sito. Oltre che del corpo della donna si dovrebbe parlare anche del corpo degli uomini, e lo faremo: macho, palestrato, con una sola cosa in testa, quella lì, ecco l'immagine del maschio italiano rappresentata dalla televisione. E anche i ragazzi si ribellano a questa immagine.
Una delle controdeduzioni ricorrenti è: la tv è quello che è, basta spegnerla.
È una risposta che arriva spesso da sinistra. E segnala una singolare visione della democrazia. Io credo che in questi anni la sinistra abbia lasciato sole le persone prive di mezzi culturali per difendersi dai media. Ci si è dimenticati che uno degli scopi della democrazia è appunto quello di aiutare chi è indietro.
Nella sua «immersione» nel supermarket tv del corpo della donna, cosa ha trovato di maggiormente ripugnante?
L'umiliazione. La donna umiliata. Non ho creduto ai miei occhi quando ho visto le immagini che abbiamo collocato al termine del documentario: un deretano appeso a un gancio e marchiato a fuoco. Esattamente come i prosciutti di maiale. L'immagine era di «Scherzi a parte» su Canale 5.
Chiudiamo con una nota di speranza?
Attraverso i laboratori «Nuovi occhi per la tv», nelle scuole sono venuta in contatto con tanti ragazzi consapevoli. Ci aspettano altri 10 anni di duro lavoro ma sono convinta che, alla fine, sopra alle attuali macerie avremo costruito un solido ponte.

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