Il nuovo vescovo Muser: «Vanno abbattuti gli ultimi muri»

"Devo ammettere che per diverse notti non sono riuscito a chiudere occhio. Adesso sto cercando di calarmi nel nuovo ruolo e sto dormendo nuovamente bene. Spero di farcela"


Antonella Mattioli


BOLZANO. Fra due mesi, domenica 9 ottobre, verrà consacrato vescovo della diocesi di Bolzano-Bressanone, intanto nel silenzio del Seminario maggiore di Bressanone, di cui è stato direttore per 14 anni, monsignor Ivo Muser, 49 anni, si prepara a subentrare a monsignor Karl Golser, costretto a lasciare per ragioni di salute. Era in vacanza a Villa Adriana (Monterosso) con il fratello Bruno e il decano di Meltina Josef Haas quando il Nunzio apostolico, monsignor Bertello, gli ha comunicato che Papa Ratzinger, ospite del Seminario di Bressanone sia prima che dopo la nomina a Papa, lo aveva scelto come nuova guida della chiesa altoatesina.

«Devo ammettere - dice monsignor Muser - che per diverse notti non sono riuscito a chiudere occhio. Adesso sto cercando di calarmi nel nuovo ruolo e sto dormendo nuovamente bene. Spero di farcela. Avrò bisogno di tutti, ma so di poter contare sull'appoggio di tanti fedeli».
Tra i suoi principali obiettivi?
«Far scoprire il fascino della Chiesa: per me Gesù resta senza concorrenti».
Perché ha scelto come suo motto episcopale «Tu sei il Cristo»?
«Perché tutta la fede è basata sulla figura di Cristo che, per chi crede, è segno di speranza. Ci dà la certezza che la vita non finisce con la morte».
Lei diventa vescovo in un momento particolarmente difficile: le chiese sono sempre più vuote così come i seminari.
«Purtroppo è così. Ma il fenomeno è iniziato 40 anni fa. Se nel 1965 nel Seminario di Bressanone c'erano 84 seminaristi, nel 1978 erano 17. Oggi sono 6 e in autunno ordinerò due diaconi che saranno sacerdoti nel 2012. Quest'anno non abbiamo avuto nessun'ordinazione sacerdotale. L'età media dei nostri sacerdoti è di 69 anni, delle suore 74».
Un problema grosso per la chiesa.
«Un problema grosso non solo per la chiesa bensì per l'intera società».
Ma visto che le chiese sono sempre più vuote, sembra che la società non sia particolarmente interessata.
«Si sbaglia. È vero che c'è un generale disinteresse, ma ci sono poi momenti nella vita della stragrande maggioranza delle persone in cui si cerca il sacerdote. Perché si ha bisogno di parole di conforto. Di qualcuno che ci dica che dopo la morte la vita continua. Per questo è importante che tutta la diocesi si faccia carico del problema delle vocazioni».
Il vescovo Golser ha fatto della trasparenza il suo cavallo di battaglia, affrontando la delicata questione degli abusi sessuali all'interno della Chiesa.
«E io continuerò su questa strada. Non ce ne sono altre: la via della verità è l'unica possibile. Sarebbe sbagliatissimo nascondere. L'invito a tutti è a non chiudere gli occhi. Ma serve anche equilibrio nel guardare le cose».
Quello che non c'è stato nei confronti di don Martin Steiner, parroco di Vilpiano, messo in croce dalle denunce di alcuni genitori e poi scagionato da qualsiasi sospetto di abuso. Anche da parte della diocesi avrebbe dovuto esserci un po' più di cautela prima di decidere e comunicare alla stampa la sospensione.
«Con il senno di poi è sempre facile dire che cosa si sarebbe dovuto fare. Anche chi governa la chiesa locale si può trovare tra l'incudine e il martello: se fa sbaglia, se non fa sbaglia comunque».
Sempre più spesso si parla di nuove povertà anche in una terra ricca come l'Alto Adige.
«Purtroppo è così. Anche in Alto Adige non è tutto oro quello che luccica. Fortunatamente, anche a livello parrocchiale, abbiamo organizzazioni come la Caritas, la San Vincenzo e altri gruppi fatti di persone che senza grande clamore si danno da fare per aiutare chi ha bisogno. E sempre più spesso ad aver bisogno sono persone che non ti aspetteresti».
Lei come vescovo quanto guadagnerà?
«1.300 euro netti al mese».
Cosa pensa dei 6.300 euro di indennità degli assessori provinciali e 12.500 del presidente della giunta?
«Mi limito a dire che la giustizia deve essere un valore e anche la giustizia economica lo è».
Il giorno dell'annuncio della nomina lei ha detto che non esistono extracomunitari ma uomini.
«È così. Per la Chiesa non esistono queste distinzioni. Al principio di tutto c'è l'uomo. Tutto il resto viene dopo».
Periodicamente si riaccende la discussione sul fatto se i musulmani debbano o meno avere un luogo di culto.
«È giusto che lo abbiano. Io ritengo che qualsiasi religione sia buona e ciascuno ha diritto ad avere una propria religione. Ha diritto di pregare secondo la sua tradizione e quindi deve trovare spazi adeguati. Tutto questo ovviamente nel rispetto reciproco. Oltre che delle leggi. Questa è la sfida dei nostri giorni. Sono convinto che la presenza in Alto Adige di persone che arrivano da Paesi diversi sia una ricchezza. Oltre che far bene alla convivenza».
In che senso?
«Nel senso che evita di ridurre tutto ad una questione etnica tra italiani e tedeschi».
Il vescovo Golser si è impegnato molto sul tema della convivenza e aveva partecipato anche al tavolo aperto dal ministro Maroni.
«Anch'io mi impegnerò su questo fronte anche se sono convinto che il livello di convivenza tra i due gruppi sia buono. Riusciremo ad abbattere anche le ultime incomprensioni nel momento in cui italiani e tedeschi avranno una miglior conoscenza della lingua dell'altro».
Si sta lavorando a livello di scuola.
«Di buono oggi c'è che le famiglie sono convinte dell'importanza di conoscere la lingua dell'altro. L'ideale sarebbe parlare ciascuno nella propria lingua e capirsi».
Cosa pensa del testamento biologico?
«Penso che la vita è sacra e non ci appartiene. Per questo ci vuole massimo rispetto. Ciò significa che non possiamo fare tutto ciò che potremmo».

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