Il padre: «Ho fatto di tutto per salvarlo»

Il racconto: «Spero trovino i responsabili». Due settimane fa l’ultima fuga dalla comunità. Indagini nel mondo dello spaccio



BOLZANO. «Ho detto alla polizia tutto ciò che sapevo, adesso spero che trovino i responsabili»: il padre di Aymen – il ragazzo di 17 anni morto sabato nel sottoscala di un garage in via Brennero – è un operaio onesto e determinato, con gli stessi occhi neri del figlio, per il quale si era speso molto anche nell’ultimo periodo. La strada era tracciata e la nuova vita sembrava proprio dietro l’angolo, lontano da compagnie poco raccomandabili. «Non frequentava persone cattive ma ragazzi che avevano qualche problema. Uno è stato cacciato di casa dal padre ed era in giro da tre anni, l’altro ha i genitori separati. Nella compagnia ci sono italiani, ma anche marocchini».

Aymen, oltre all’informatica, amava ballare. Andare in discoteca. «Oggi i ragazzi prima di ballare cosa fanno? Bevono, fumano e poi si scatenano in pista». Il padre si era accorto da tempo che qualcosa non andava ed era andato dal medico di base. «Sei mesi fa gli hanno detto che aveva anche un problema al cuore e che doveva stare attento. Lo hanno avvisato: “non devi bere alcol, altrimenti puoi finire a terra anche mentre balli”».

Il diciassettenne marocchino, arrivato in Italia quattro anni fa da Casablanca, aveva capito che per uscire dal tunnel avrebbe dovuto entrare in comunità. «L’ho portato a Parma. La specialista che lo seguiva a Bolzano gli aveva promesso che sarebbero bastati due mesi di terapia, ma lui è resistito solo pochi giorni. Poi è scappato». Una volta tornato a Bolzano, con grande pazienza, era stato studiato un piano alternativo, su misura per lui. «Avrebbe dovuto fare day hospital, lavori socialmente utili e volontariato. Sapeva che doveva tornare a casa entro le 20. L’accordo era questo e lui era molto contento. La prima settimana era tranquillo e rigoroso. Tornava a casa per cena».

Poi gli amici, di sabato, sono tornati a contattarlo. «Mi ha detto che sarebbe uscito solo per dieci minuti e ha lasciato il cancello aperto. Voleva farmi capire che sarebbe rientrato. L’ho visto andare verso via Grappoli e solo dopo ho saputo che c’era un gruppo di persone ad aspettarlo». Aymen, poi, ha dormito a casa fino al martedì successivo. Dopo ha fatto perdere le sue tracce e iniziato a vivere in strada. Fino al ritrovamento del cadavere in un garage privato di via Brennero. «Sabato alla fiaccolata per mio figlio - conclude il padre - ci sarò anch’io. Voglio manifestare contro le droghe che i ragazzi comprano ormai anche per pochi euro».

Le indagini. L’autopsia ha stabilito che Aymen è morto per un’overdose ma per sapere quale sostanza ha ingerito il giovane - che ha frequentato la scuola professionale Einaudi - bisognerà attendere l’esito dell’esame tossicologico. Ci vorranno almeno un paio di settimane. Nel frattempo la squadra mobile e la squadra narcotici della polizia stanno seguendo diverse piste per cercare di individuare il «pusher» che gli ha venduto l’ultima dose o l’ultima pasticca.

Se dovesse trattarsi di anfetamine o di altre droghe sintetiche le piste da seguire sarebbero diverse: ci sono pusher tanto italiani, tra Bolzano e Laives, quanto stranieri. Se invece Aymen dovesse aver ingerito droghe pesanti - un’ipotesi che il padre si sente di scartare - ad essere messi sotto torchio sarebbero soprattutto i tunisini, che in zona hanno una sorta di monopolio. Nel 2014 a Bolzano si registrò anche un decesso, causato da droga con un principio attivo troppo elevato spacciata da nigeriani e proveniente dall’Africa. Di sicuro gli inquirenti vogliono una cosa sola: trovare il pusher senza scrupoli che gli ha ceduto l’ultima dose e ha fatto perdere le sue tracce. Si confida anche nell’aiuto delle telecamere.

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