«Il pane nel cassonetto? Ci dispiace, miglioreremo»

Eurospar: «Brutto da vedere, ma noi in prima linea contro lo spreco». E i panifici della città cedono il prodotto in eccesso ai poveri o ai contadini



BRESSANONE. «Ci dispiace moltissimo. Capisco bene che il pane nei cassonetti così, alla vista di tutti, possa provocare reazioni forti». Robert Hillebrand, coordinatore dell’Aspiag, commenta così lo scarico di decine di chili di pane vecchio a Bressanone, buttate via anzichè essere in qualche modo “riciclate”. I cassonetti sono quelli davanti all’Eurospar a nord di Bressanone, quindi inevitabile chiederne conto proprio al supermercato, mentre su Facebook la notizia raccoglie l’indagnazione di centinaia di utenti.

«Si tratta di avanzi di una settimana - precisa Hillebrand - e fanno parte dell’inevitabile scarto che hanno i supermercati. Di sicuro non è l’avanzo quotidiano perché, si capisce benissimo, non starebbe in piedi nè dal punto di vista economico nè da quello commerciale, oltre che da quello etico. Ma, detto questo, è necessario ricordare che noi da almeno otto anni siamo partner del Banco alimentare, forse il principale, e siamo impegnati a recuperare il più possibile dei prodotti per evitare qualsiasi spreco. Non solo. Stiamo anche lavorando per aggiungere altri prodotti a quelli consegnati al Banco alimentare, soprattutto nel campo dei freschi. Ma non è così semplice come potrebbe sembrare. Perché anche chi riceve deve essere pronto alle nuove tipologie: la filiera, anche della solidarietà, deve funzionare altrimenti è tutto perfettamente inutile».

Per quanto riguarda nello specifico il pane, Hillebrand scarta alcune ipotesi di riutilizzo.

«Abbassare i prezzi al pomeriggio o alla sera? Sono operazioni già sperimentate, anche all’estero, e non hanno mai funzionato. Se uno non ha bisogno di quel prodotto, non lo comprerà nemmeno a prezzo ridotto. Soprattutto prodotti freschi come il pane. Rimetterlo in vendita come grattuggiato? Anche qui è troppo complicato, perché risulterebbe un prodotto lavorato e quindi avrebbe bisogno di licenze specifiche e personale adeguato. Senza contare che non è nei nostri compiti».

In ogni caso c’è un preciso impegno dell’Aspiag: «Non posso giurare che quanto successo a Bressanone non succederà più - dice Hillebrand - ma posso promettere che faremo di tutto per ridurre al minimo gli sprechi e per evitare che i prodotti finiscano nei cassonetti».

Ma in città ci sono comunque diversi panifici, forse più “elastici” dei grandi gruppi di distribuzione, che hanno risolto anche in modi diversi il problema dell’eccesso di produzione, senza dover ricorrere al cassonetto dell’umido e mettendosi in prima fila nella solidarietà. Bressanone non è "sprecona" e menefreghista. La conferma è giunta dai negozi del pane della città dove con la loro testimonianza, hanno dato una immagine di vera solidarietà tanto apprezzata, tanto utile. «Noi - ci spiega la commessa Zita del negozio Gasser di via Sant’ Erardo - diamo tutto il pane che rimane ogni sera al centro Comboniano di Millan».

Stessa situazione in via Bastioni Maggiori, sempre della catena Gasser dove una gentile Miriam ci dice che le rimanenze vanno ai Centri Sociali. Anche il celebre panificio Profanter non spreca una michetta. «Noi riserviamo uno spazio del negozio al pane altoatesino vendendolo al 50% il giorno dopo quando è ancora comunque buono - spiega la responsabile Sivia - successivamente, dato che è prodotto bio, lo consegniamo ai contadini».

Anche per il panifico Alberti di viale Stazione non spreca: il pane secco va ai contadini e molto del "bianco pane" viene usato per fare i canederli.













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