Il Pd fa muro: «Non vogliamo Artioli»

Nuove regole per il tesseramento: due anni di pausa per chi arriva dal centrodestra. Chiesto un passo indietro a Staffler


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Il Pd annuncia di non avere «nessuna intenzione di accettare Elena Artioli». È questo comunicato della assemblea il risultato di una giornata ad alta tensione sulla nomina della consigliera provinciale a coordinatrice di LiberalPd, l’associazione presieduta da Enzo Bianco. La storia politica della Artioli, si legge, «che ha cambiato cinque partiti in pochi anni, le idee che ha portato avanti, anche nei confronti del Pd, sono quello che di più lontano possa esserci dal Pd». Il Pd non è «un taxi sul quale salire al momento più propizio». La Artioli viene accusata di spregiudicatezza per avere utilizzato il nome di Matteo Renzi, «senza che lo stesso ne sia a conoscenza». Intanto nel regolamento sul tesseramento, approvato ieri, è prevista una attesa di un anno per chi proviene da altri partiti e di due anni per chi è stato candidato-eletto in liste del centrodestra. Esponenti del Pd, come l’assessore Christian Tommasini, si aspettavano di più, a partire dalla estromissione di Uwe Staffler dalla segreteria del Pd. Staffler, cognato di Elena Artioli ed esponente dell’area liberal del Pd, viene ritenuto il regista dell’operazione gestita tutta a livello nazionale. Prima della seduta della assemblea si è riunita la segreteria. Lì la segretaria Liliana Di Fede avrebbe chiesto a Staffler di dimettersi dalla segreteria stessa. Nulla di fatto, anche perché Staffler ha detto in assemblea di rifiutare l’etichetta di regista dell’avvicinamento al Pd della consigliera, eletta in consiglio provinciale con la lista Forza Italia-Lega-Team A. A quel punto Liliana Di Fede ha chiesto a Luisa Gnecchi di proporre un nome alternativo a Staffler. Così la segretaria del Pd: «Potrei revocare io stessa l’incarico a Staffler, ma ho ritenuto corretto rivolgermi a Luisa Gnecchi, perché Uwe è in segreteria come rappresentante della lista presentata da Luisa alle primarie». Quanto a Luisa Gnecchi, prima di entrare al partito aveva messo in chiaro: «Perché dovrei sfiduciare Uwe? Non mi piace fare processi alle intenzioni». È andata male anche la telefonata mattutina Di Liliana Di Fede ad Elena Artioli in cui le ha chiesto un passo indietro. Elena Artioli ostenta serenità: «Ho tutto il tempo, sono in carica ancora per quattro anni. Lavorerò per LiberalPd e non ho chiesto l’adesione al Pd». Il clima nel partito è pessimo. Buona parte del gruppo in Comune è sulle barricate (la capogruppo Franca Berti, Bonagura, Schönsberg, l’assessore Chiara Pasquali). Se Tommasini è tra i più arrabbiati è perché intuisce la possibile manovra a tenaglia in consiglio provinciale con una alleanza tra Elena Artioli e Roberto Bizzo, particolarmente silenzioso sulla vicenda, per metterlo in minoranza.

Spetta infatti al capogruppo, cioè a Bizzo, l’eventuale assenso all’iscrizione di Elena Artioli al gruppo. Nella Svp circola la battuta che si è aggiunto un voto alla maggioranza. Così Artioli. «Ho sempre votato con la mia testa e continuerò a farlo. (fr.g.)

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