Il popolo di Di Maio, protesta senza filtri 

Il fenomeno M5S secondo Fazzi e Delle Donne: la platea è piena, mancano le solite facce


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Chi c'era l'altra sera da Di Maio? «Mah, non so... Mi sembrava di non conoscere nessuno. Ma forse mi sbaglio». No, l'amico, un assiduo e trasversale frequentatore di comizi e raduni, non si era sbagliato. Il "popolo" di Luigi Di Maio, il candidato premier del M5S, era lì, nella sala di rappresentanza del Comune, luogo iconico dei blitz politici da trasferta, molto probabilmente per la prima volta. E, altrettanto sicuramente, non era per forza «di Di Maio». Nel senso che non lo era ancora. «Ma immagino sia stata tutta gente», dice Luca Fazzi, sociologo, «che l'ultima volta non ha votato o che pensa di non votare in questo giro. E magari ha una sostanziale disaffezione per la politica così come la conosciamo». Che sarebbe fatta, secondo il docente all'università di Trento, di reti sociali, affinità elettive con le grandi correnti del pensiero, identificazione col leader o con il "mood" di questo o quel partito. E invece no. Niente di tutto questo. Che sia solo la rabbia che li ha fatti convergere? O la protesta che non trova sponde? «Sono populisti, ma rappresentano anche il popolo», commenta Giorgio Delle Donne, storico e sociologo, un passato nella sinistra critica e un presente abbastanza lontano dalla "gauche" bolzanina e pure un po' da tutto. «Sono trent'anni che non voto», rivela infatti. Vuol dire, Delle Donne, che tra i presunti grillini (magari a loro insaputa), c'è lontananza dai circuiti sociali classici, ma anche un fondo di rabbia che non trova sbocchi e un assenza di filtri culturali capace di farla arrivare pulita nei luoghi dove si stilano i programmi. «Che programmi hanno i 5Stelle?» si chiede così Fazzi. Rispondendosi, come molti, che ne hanno tutti e nessuno. Nei meandri della democrazia diretta, che poi rischia di essere eterodiretta dai "clic" mattutini di Russeau, potrebbe essere convogliata la voglia di trasparenza e di pulizia, ma anche quella di farla finita comunque con quello che esiste. E poi protesta contro gli immigrati, che tolgono lavoro, come pure contro «i politici» che lavorano poco e guadagnano troppo. Quello che è evidente, dice poi Luca Fazzi, «è che tra i 5Stelle non ci sono i corpi intermedi. Quelli che allargavano strutturalmente la piattaforma della partecipazione organizzata». E infatti l'altra sera con Di Maio, non solo mancavano le «facce note», ma pure quelle meno ma un po' sì, il mondo delle reti sindacali, dei rappresentanti degli insegnanti, dei pensionati comunque assidui frequentatori di questo o di quello schieramento. «A Bolzano la protesta del tanto peggio tanto meglio, oggi interpretata dai grillini», ricorda Delle Donne, «era esplosa trent'anni fa, molto in anticipo sui tempi. Quando, in massa, gli elettori del Pci passarono al Msi». E così i quartieri di sinistra virarono a destra: era il maggio del 1985. Allora una protesta contro «i tedeschi che si prendono tutto», oggi, anche, contro gli immigrati che «ci occupano le case». Perché c'erano molti con facce da quartieri l'altra sera. «Un popolo di invisibili», dice Delle Donne, «ma che a Bolzano si fa sentire spesso. A cadenze fisse. E che oggi protesta non contro qualcosa di definito, ma contro tutti quelli che ci amministrano». Anche se poi, spiega Fazzi «quando i grillini si trovano a doverlo fare e non solo a Roma, mostrano la corda e rivelano poca dimestichezza con l'inevitabile (in politica) arte delle alleanze e della macchina burocratica. Sono naif». Non c'erano invece i giovani ad ascoltare Di Maio. Altra assenza molto significativa. Forse perché a Bolzano la protesta è sempre stata conservatrice e quasi mai «riformatrice». E per la ragione, spiegano sia Fazzi che Delle Donne, che la rabbia si nasconde nei ceti che sono rimasti indietro o che immaginano di esserlo «perché c'è sempre qualcuno che sta meglio di te». Un mondo nuovo, dunque. Anche per Bolzano. Almeno, conclude Delle Donne, «pare tengano a bada gli estremisti veri. Una volta Grillo disse che senza di lui in Italia ci sarebbe già Alba Dorata... Non so se ha ragione ma lo spero per lui».

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