Il questore richiama pakistani e afgani

Dopo i fatti di via Garibaldi e l’ipotesi di uno scontro tra bande, Carluccio convoca le parti: «Isolate i violenti e non reagite»


di Alessandro Bandinelli


BOLZANO. Alla fine la questione è finita nelle stanze della questura. Lì, davanti al Questore di Bolzano Lucio Carluccio, sono state convocate le due comunità, attraverso i loro autorevoli rappresentanti, per riferire su una sorta di "scontro interetnico" tra pakistani e afgani, che in un primo momento si era ipotizzato potesse essere all’origine della rapina al ”Western Union” di via Garibaldi dello scorso 27 ottobre, gestito da un pakistano, e la rissa che ne sarebbe seguita tra i due differenti gruppi etnici accomunati da una lingua comune.

Secondo il questore: «Il ruolo della pubblica sicurezza è quello prevenire che i fatti accadano e dunque avendo avuto notizia di presunti contrasti tra le due etnie, ho ritenuto di dover convocare le due comunità per verificare tale ipotesi, ipotesi».

Seconda finalità dell'incontro era quella di rassicurare le due comunità circa la pronta assicurazione dei responsabili del recente episodio alla giustizia e «invitare a segnalare alle autorità eventuali atteggiamenti ritenuti prevaricatori, evitando qualsiasi iniziativa individuale o di gruppo».

Insomma il questore ci ha tenuto a far capire che in città non è contemplata la possibilità di risolvere le controversie facendosi giustizia da sé.

Un segnale importante, per far capire che lo Stato c'è ed è garanzia di diritti ma anche di doveri, tra cui il dovere di rispettare le leggi.

Due comunità, quella pakistana e quella afgana, che sebbene accomunate da una lingua comune, sono molto diverse. Anche nei numeri.

Molto presente quella pakistana con 3000 presenze sul territorio provinciale e 900 in città, contro i 300 afgani a livello provinciale e le 100 unità circa a presenti Bolzano.

Molto organizzata la comunità pakistana, essendosi stabilita sul territorio da tempo e avendo oramai diverse attività commerciali, tante di queste proprio intorno alla zona della stazione, zona che di sovente diventa obbiettivo di micro criminalità. Non a caso il questore ha chiesto e ottenuto da parte dei rappresentanti della comunità l’assicurazione ad informare tempestivamente le autorità, attraverso i canali già attivi, di evenutali problemi.

Dall’altra parte gli afgani, una comunità con una vicenda migratoria completamente differente fatta per lo più da singoli individui in fuga dalla guerra, dai vincoli sociali e familiari completamente distrutti nei paesi d’origine e per questo sono per lo più assenti strutture associative. L’incontro con la comunità afgana è stato possibile attraverso alcuni esponenti come lo scrittore e mediatore culturale Alidad Shiri, che ha negato l’esistenza di un conflitto culturale tra le due etnie, e che si è fatto carico di portare presso i suoi connazionali il messaggio di collaborazione con le autorità.

Rispetto alle indagini il questore ha detto di non avere dubbi sulla dinamica dei fatti, tuttavia ancora in corso di accertamento: al momento sarebbero 7 i sospetti individuati, ma su questo punto vige ancora riserbo. Insomma nell'attesa che vengano consegnati alla giustizia i responsabili della rapina, l’incontro è stato un momento di richiamo alle responsabilità, ma anche l'occasione di incontro civile tra la comunità ospitante, seppur attraverso le sue regole e le sue autorità, e le comunità ospiti, in un momento di riconoscimento e confronto reciproco che in una società sempre più multietnica non può che fare bene.

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