Il rapinatore a libro paga dello Stato

L'autore del colpo di piazza Gries percepiva un mensile come pentito


Mario Bertoldi


BOLZANO. Marco Messina, il palermitano 29enne con diversi precedenti, arrestato qualche giorno fa dai carabinieri per la rapina alla tabaccheria di piazza Gries, ha ammesso tutto. In lacrime davanti al giudice ha solo cercato di giustificarsi: «Ero disperato e senza soldi». Un tentativo di «giustificazione» che suona come una vera e propria beffa se si pensa che l'uomo è un collaboratore di giustizia a «libro paga» dello Stato che gli ha garantito un futuro lontano dalla criminalità organizzata in cambio di importante ammissioni e rivelazioni su chi ha tirato le fila di determinati crimini.

Il giudice delle indagini preliminari Carlo Busato ha confermato la custodia cautelare in carcere per il rapinatore «pentito». Ovviamente c'è pericolo di reiterazione di reato posto che l'indagato ha dichiarato senza mezzi termini che la «paga» statale versatagli ogni mese è insufficiente per campare come vorrebbe. Ma Marco Messina forse solo ora si sta rendendo conto del rischio enorme che sta correndo e cioè di vedersi revocato in via definitiva il programma di tutela messo a punto dal ministro dell'Interno.

I «pentiti» di mafia (che hanno offerto collaborazione per permettere allo Stato di conoscere i meandri di una organizzazione criminale di tipo mafioso) non solo ottengono uno stipendio minimo dallo Stato (circa mille euro al mese) ma ottendono anche alloggio in appartamenti di proprietà dell'amministrazione pubblica e, nel caso, una nuova identità e la possibilità di inserimento in un normale contesto lavorativo. Il tutto nell'ottica di preservare l'interessato dalla ritorsione della criminalità organizzata.

Marco Messina, che viveva in un appartamento di proprietà dello Stato senza spese ed aveva una «paga» mensile, avrebbe dovuto semplicemente continuare a collaborare con gli inquirenti e comportarsi in maniera corretta. In realtà avrebbe iniziato ad avere un tenore di vita superiore alle sue possibilità per poi decidere di tentare di risolvere il problema alla sua maniera: organizzando una rapina a mano armata che, pur maldestra, sempre una rapina è stata. Il giudice Busato ha confermato il capo d'imputazione di rapina a mano armata nonostante la pistola utilizzata fosse a gas e caricabile solo a pallini.













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