Il rettore della Lub: «La missione? Essere più visibili in città»

Siamo in testa per il Pil «ma ancora indietro per la ricerca» «L’Alto Adige? Un po’ chiuso. Presto saremo più attrattivi»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. «Questa volta sono io che ho studiato... Che vi ho studiato». Paolo Lugli è rettore della Lub da neanche tre mesi. Sfiora dunque i 100 giorni. Che è la classica scadenza dei (primi) bilanci. E per una materia così complicata e liquida come può essere "L'Alto Adige questo sconosciuto" è un passaggio che va affrontato applicandosi molto. Lo ha fatto. E quindi dice subito tre cose che pensa manchino ancora a lui, alla sua università.

La prima: «Dobbiamo essere più attrattivi per gli studenti in generale».

Poi: «Lo dobbiamo essere soprattutto per gli altoatesini». Anche se sui 3600 studenti almeno il 40 per cento sono di qui. Infine: «La Lub è poco visibile, Bolzano dovrà accorgersi maggiormente di noi».

Il quale ultimo è tema caldo. Che tocca il nodo: il ruolo dell’Università nell'autonomia divisa tra il suo essere matura e ricca ma ancora conflittuale e controversa.

E poi aggiunge: "L'Alto Adige è un po' troppo richiuso su se stesso».

Per quale ragione, rettore?

«Tante ragioni, non una. Storiche, linguistiche, politiche. Non bisogna nasconderle, far finta di nulla. Ma neppure guardarle troppo al passato. Penso che l'Università debba pensare soprattutto al futuro».

Da dove si parte?

«Da un dato preciso, la statistica europea sull'innovazione».

Prego.

«Bene: Bolzano, con Trento, ha uno dei pil più elevati tra le regioni europee ma Bolzano è sotto il 150mo posto per la competitività. Questo non va».

Siamo conservativi?

«Un po' bloccati. Ma è questo il ruolo dell'università: offrire possibilità di innovazione. Lo stiamo facendo al polo tecnologico. E l'ho offerta a tutti gli interlocutori che ho incontrato finora. Anche nella cultura».

Esempi?

«Ho visto le fondazioni dei teatri. Quelli italiani e quelli tedeschi. C'è grande competenza e entusiasmo. Ma mancano le sinergie. E invece basta agganciare iniziativa ad iniziativa e molto potrebbe lievitare. Noi ci proponiamo per essere piattaforma di queste integrazioni».

Altro nodo: l'Alto Adige nell'istruzione di base è diviso etnicamente. Questo è un problema rispetto alla competitività?

«Potrebbe esserlo ma può essere invece un vantaggio il fatto che le scuole, tutte, offrono una istruzione bilingue. Questo non dobbiamo dimenticarlo».

Alcuni chiedono una presenza più incisiva della Lub sui temi controversi: immersione, istruzione veicolare, integrazione tra le scuole...

«Lo so. Ma siamo qui per questo. Mi spiego: già il fatto che l' ateneo è trilingue costituisce una grande spinta verso l'integrazione. A scienza della Formazione prepariamo le future insegnanti anche degli asili».

Che poi troveranno scuole separate...

«Ma la loro formazione si svolge in modo integrato tra italiano e tedesco e questo se lo porteranno sempre dentro. E poi gli studenti che arrivano qui sanno di dover conoscere l'altra lingua. Insomma, gettiamo un seme».

Il resto spetta alla politica?

«Appunto. Ma un centro strategico che veicola il plurilinguismo può essere trainante. E io dico di più: lo deve essere».

Cosa significa?

«Che l'università deve intensificare la presenza sul territorio. Farsi vedere, mostrare i suoi valori. E lo faremo anche attraverso un fitto programma di presenza nelle scuole».

Molti hanno accusato la Lub di non farlo, di essere un corpo estraneo.

«Ho letto. Allora, io arrivo dalla Baviera, ma anche dagli Usa e sono italiano, emiliano.Insomma, conosco la complessità delle cose e soprattutto quella di questo territorio. Per cui ogni situazione non va presa di petto...».

Come il manifesto dei docenti sulla toponomastica?

«Non entro nel merito. Voglio dire che i semi vanno gettati ma vanno costruiti gli esempi. Qui noi parifichiamo le lingue. E questo è un modello a cui la società dovrebbe uniformarsi. Il come non spetta a noi».

Ma l'integrazione è un valore?

«Lo è sul campo. Voglio che la Lub sia capofila di civiltà. Ma non solo tra i tre gruppi che convivono. Ad esempio noi abbiamo accolto 30 rifugiati. Questo voglio dire. Integrazione fuori e dentro l'Alto Adige».

La vita a Bolzano costa?

«Per gli studenti troppo. Ed è un freno. Anche perché nell'area tedesca in molte regioni non si pagano tasse universitarie».

E qui lo vorrebbe?

«Se la Provincia ci da più fondi... In realtà io penso che l'università non debba essere gratis. Le famiglie devono contribuire».

Uno slogan per la sua Lub?

«Qui si abbattono le barriere. Linguistiche, sociali e mentali».

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