Il ritardo della politica sulla società

di Sergio Baraldi


Sergio Baraldi


In queste settimane le dinamiche istituzionali dell’Alto Adige sembrano essere entrate spesso in una sorta di corto circuito. Dall’aeroporto al centro commerciale, dalla cultura a Bolzano fino alla scuola, i governanti hanno reagito di fronte all’esplodere degli interessi divergenti dentro la Svp e fuori nella società in modo incerto, dando l’impressione di sbandare di fronte al manifestarsi di contraddizioni difficili da ricondurre all’unità.

Non avevo fatto in tempo a proporre, domenica scorsa, il ritratto di una Svp arena di ceti e interessi configgenti che hanno prevalso sui valori, che questi interessi sono apparsi battaglieri sulla scena pubblica, chiamati a schierarsi dai nodi che la giunta provinciale doveva affrontare. Ed è questa dialettica in cerca di una composizione che, forse, può aiutarci a focalizzare un secondo fattore d’instabilità che emerge: il ritardo della politica rispetto alle domande e ai bisogni della società.

Sul giornale di oggi troverete un’interessante intervista dell’assessore provinciale Kaslatter Mur che, come i lettori sanno, gestisce la scuola e la cultura tedesca dell’Alto Adige. Contrariamente alla sua immagine di “Frau nein”, che lei si è pazientemente cucita per i tanti “no” che ha pronunciato, la Kastlatter Mur stavolta apre alla sperimentazione nella scuola. E’ un segnale importante, perché la scuola italiana ha il merito di avere accelerato sulla riforma, ma la collaborazione tra i due sistemi scolastici è decisiva per aprire il grande libro del bilinguismo, anche nella direzione indicata ieri dal nostro Mauro Fattor, cioè di porre all’ordine del giorno l’esperienza interetnica nel mondo del tempo libero, dallo sport alle associazioni.

Ma perché “Frau nein” stavolta dice “ja”? Lo spiega lei: perché si è accorta che c’è una domanda che arriva anche dalla società tedesca. Ha scoperto che pure la “sua” scuola vuole muoversi, e ha chiesto un rapporto per capire che cosa accade nel “suo” assessorato. Chiedo ai lettori: com’è possibile che “frau nein” non abbia compreso prima che il bilinguismo comincia a unire società italiana e tedesca? Che le due scuole premono per compiere un passo avanti? Bastava leggesse con più attenzione il nostro giornale.

Si accorge solo ora di cosa succede in casa sua? Sì, se ne accorge solo ora. Ed è meglio tardi che mai, perché questo è il limite contro il quale urta la politica in Alto Adige: di fronte a una società che intuisce che è iniziato un difficile processo di adattamento alla complessità, al pluralismo sociale, alla dura competizione internazionale, all’Europa che avanza, in una parola alla rottura dell’ordine che ha retto il mondo finora, è la politica che non riesce ad avere la velocità di decisione che richiederebbe la velocità del cambiamento. In modo particolare, è la Svp che rischia di posizionarsi in retroguardia: il partito-sistema fatica a rappresentare il “suo” sistema.

Se non fosse stato per il richiamo severo di Durnwalder su aeroporto e centro commerciale, staremmo a discutere invece che a fare. Tuttavia, questo ritardo non è imputabile solo alla natura composita della Svp come arena di ceti e interessi che sempre meno riescono a raggiungere una mediazione in nome di un disegno unificante. Occorre aggiungere la crisi del ceto politico tedesco e italiano: esiste una lacerazione nella capacità di rappresentanza tra politica e società civile. In questo senso possiamo parlare di solitudine dei cittadini: nella comunità italiana è emersa in occasione della ricorrenza dei 150 anni dell’Unità. Politici tedeschi e italiani riflettono la difficoltà di funzionamento del sistema di legittimazione. Il legame tra governanti e governati è sfidato da nuove forze. Hobbes aveva spiegato che questo patto si fondava sullo scambio tra sicurezza e protezione, e questa regola in Alto Adige è stata applicata in maniera ferrea.

La novità è che non basta più. Il rapporto tra cittadini e governanti sta cambiando all’interno di una diversa configurazione del rapporto tra rappresentanza (politica) e decisione (governo). Uno spostamento che avviene all’ombra del diritto con il passaggio dal governo alla “governance”, dalla legge al contratto. La legge è innanzitutto comando; la “governance” è una procedura che fa spazio alle dinamiche variabili tra interessi pubblici e privati, nel quale emerge un nuovo protagonismo sociale. E’ ciò di cui si è accorta la Kaslatter Mur: la società torna ad appropriarsi della sua autonomia, dei suoi spazi, come i medici dell’ospedale che si oppongono alla decisione burocratica, piovuta dall’alto, di sospendere le visite private, ignorando il loro lavoro e le loro responsabilità professionali di fronte ai pazienti-cittadini. Una politica che appare debole, perché sembra di colpo rimanere senza una propria razionalità quando settori rilevanti della società compiono un passo avanti. Il nostro giornale, che crede in questa ripresa di sovranità, non può che valutarlo positivamente. E’ sufficiente osservare il ruolo conquistato dai quartieri che si auto organizzano a Bolzano o Merano per giudicare quale novità stia scendendo in campo. La riappropriazione sociale della legittimazione non deve essere letta come un atto necessariamente contro la politica.

Anzi, sotto certi aspetti, spiega lo studioso francese Pierre Rosanvallon in “La politica nell’era della sfiducia”, questa può essere intesa come un’opera di soccorso che può rafforzare la credibilità politica. A patto che la politica si apra a un processo di legittimazione diverso dal passato, che non si limiti alla scelta elettorale, ma preveda la partecipazione ai momenti decisionali della vita pubblica in un’interazione continua con i governati. Se cioè la politica offre riconoscimento ai bisogni posti dalla società e giustificazione costante dei suoi interventi. Anche in Alto Adige l’interesse generale non può più essere letto come un’entità compatta, ma come una costruzione che sia il risultato di un conflitto tra attori che hanno diversa provenienza e motivazione per stare nel teatro pubblico. Cos’è che mette in risalto il ritardo della politica altoatesina rispetto ai ciò che si muove nella società? La sua difficoltà a realizzare la speranza di molti, vale a dire l’inclusione dei cittadini nella gestione pubblica. Se talvolta il meccanismo scatta, è perché prevalgono le scelte clientelari o le pressioni del momento da parte dell’opinione pubblica, non perché la partecipazione sia un autentico mezzo di governo, immaginando una gestione orizzontale delle istituzioni.

Tuttavia, la nuova questione di fondo consiste nel fatto che la politica ha perso credibilità come gestore di un interesse generale sia pure composito. Sempre più i cittadini avvertono i partiti italiani o tedeschi come portatori di una volontà di parte, che in Alto Adige assume un significato più pesante, perché diventa una volontà etnica, come spiega Di Michele nel suo articolo, quando racconta come possa esserci una sorta di nazionalismo psicologico. In settori crescenti dell’opinione pubblica, il principio d’imparzialità assume una dimensione rappresentativa importante. Lo abbiamo visto con Durnwalder sulla questione dei 150 anni dell’Italia, ferita che non a caso il presidente non è riuscito a rimarginare. Perché l’imparzialità sembra guadagnare terreno sul timbro etnico delle scelte? Perché sempre di più italiani o tedeschi sentono la necessità che chi governa sia animato dalla preoccupazione di tenere conto della complessità e totalità degli elementi di un problema. Che chi governa non trascuri alcuna situazione e moduli la sua azione di conseguenza. Fino a ieri l’assessore Kaslatter Mur sembrava non tenere conto di tutte le situazioni delle scuole tedesche o italiane. Così rischia di fare Theiner come assessore alla sanità. Mentre quando Durnwalder difende l’aeroporto o il centro commerciale mostra di ponderare i diversi interessi in campo, tiene conto di tutti i dati, e capisce che l’interesse della società non è fermare le infrastrutture ma realizzarle, perché l’Alto Adige ha bisogno di un sistema sempre più aperto e competitivo.

E’ il processo che il Comune di Bolzano non riesce ad attivare: Spagnolli non trova il modo di accompagnare le nuove dinamiche sociali o, come spiega oggi il nostro Paolo Campostrini, non sa darsi un’adeguata agenda politica. La politica, tedesca o italiana, sembra attesa a un doppio movimento. Da una parte, unire: cioè non sfuggire alla responsabilità di rappresentare le tendenze di fondo della società e includere settori più ampi possibili della comunità, senza dividere etnicamente; dall’altra, offrire nello stesso tempo soluzioni in termini di governo che riconoscano le differenti condizioni e la richiesta di maggiore autonomia degli individui. Senza questa capacità di unire e differenziare, l’Alto Adige vivrà una difficile transizione. Il vecchio resisterà, il nuovo spingerà. Sono le due facce della crisi che ostacola l’idea di un futuro migliore.













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