il suo ultimo libro

di Daniela Mimmi Filosofo, matematico, docente universitario, Giulio Giorello parlerà di scienza, ma non solo, nell’incontro che avrà luogo in piazza Matteotti questa sera alle 21, all’interno del...


di Daniela Mimmi


di Daniela Mimmi

Filosofo, matematico, docente universitario, Giulio Giorello parlerà di scienza, ma non solo, nell’incontro che avrà luogo in piazza Matteotti questa sera alle 21, all’interno del Festival delle Resistenze. Due lauree, una in filosofia e una in matematica, ha insegnato Meccanica razionale presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università degli Studi di Pavia, per poi passare ad altri atenei. Attualmente è ordinario di Filosofia della scienza all’Università degli Studi di Milano. Giulio Giorello aiuterà a riflettere sul ruolo della scienza e della tecnologia, tra rischi e opportunità con l’incontro organizzato in collaborazione con l’associazione «Economia della cultura». Il filosofo è conosciuto per il suo pensiero di critica e crescita della conoscenza con particolare riferimento alle discipline fisico-matematiche e l’analisi dei vari modelli di convivenza politica. La scienza è sempre stata motore di innovazione e sviluppo: riuscirà ad esserlo ancora o la tecnologia rischia di essere sempre più una condanna per l’uomo, il lavoro e la cultura? Ci facciamo anticipare da Giulio Giorello alcuni degli argomenti che tratterà qui a Bolzano.

Professore, ha già in mente i temi che verranno affrontati nella sua «lezione all’aperto»?

«Ho molte idee e prenderò spunto proprio dal Festival centrato sulle Resistenze. La mia sarà un difesa degli onesti ricercatori contro le forze che cercano di ridurre le loro libertà di azione. A cominciare da Galileo Galilei, che ha provato sulla sua pelle cosa vuol dire mettersi contro il potere che cerca di incanalare la ricerca».

Quali altri esempi di scienziati limitati nel loro agire ci ha riservato il passato?

«La storia è piena di scienziati che non hanno potuto fare liberamente le loro ricerche, a cominciare dai biologi sterminati da Stalin, fino a Emilio Segrè, Premio Nobel per la fisica nel 1959, che non potè rientrare in Italia da Berkeley per le leggi razziali, o ancora la controversa figura di Werner Heisenberg, altro Premio Nobel per la fisica nel 1932 per aver inventato la fisica quantistica. E poi Enrico Fermi, anche lui premiato con il Nobel e costretto a fuggire dall’Italia con la moglie Laura, che era ebrea. Il mondo e la storia sono pieni di personaggi del genere».

Oggi la ricerca, in Italia e nel mondo, sembrerebbe più libera rispetto alle storie citate. È veramente così?

«La ricerca scientifica sembrerebbe più libera, più libera ad esempio dell’economia, della politica o della religione. In realtà ci sono ancora vincoli storici ed economici, e ostacoli ideologici».

A quale ricerca si riferisce?

«Basta pensare alla guerra fatta alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Per legarmi al titolo del Festival c’è anche una resistenza scientifica: difendere le proprie idee nelle controversie per poter crescere».

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