Il trionfo di Michel Platini

“Le Roi” guida i transalpini al titolo continentale: in finale sconfitta la Spagna


di Enrico Scapaticci


È l’Europeo, quello del giugno 1984, di Francia e, soprattutto, della Francia. La grandeur transalpina, per la prima volta, s’impone anche nel calcio. E il grosso del merito va diviso, quasi equamente, tra i due Michel d’Oltralpe: il commissario tecnico Hidalgo, che riesce a tirare fuori il meglio da quegli sgallettati di Jean Tigana, Alain Giresse e Luis Fernandez; e il fuoriclasse Platini, le Roi, che trascina, nella regale cornice del Parco dei Principi, tutti i suoi sudditi sul trono continentale, oltre una ventina di anni prima di diventare il padrone assoluto dell’intero movimento come presidente dell’Uefa fino a pochi mesi quando i più recenti sviluppi dell’inchiesta sulla Fifa sono stati l’ultima macchia sull’inarrestabile ascesa messianica di un campione che è stato anche un abile e consumato politico. Ma le vicende extracalcistiche non possono cancellare le prodezze sul campo dello straordinario giocatore transalpino.

E al campione francese s’inchinano – ben nove volte –anche i portieri avversari nella competizione continentale. La Francia è uno spettacolo, insieme al Portogallo pratica il miglior calcio delle partecipanti. Ma lì davanti ha lui, Michel Platini, uno dei più forti giocatori della storia del calcio europeo. Trequartista e attaccante, forse è il primo falso nueve del calcio moderno. Gli ultimi due suoi sigilli d'autore sono quelli che scrivono la storia dell’Europeo 1984: il 3-2 che decide la sfida in semifinale contro il Portogallo al 119’ e, successivamente, la rete che sblocca la finale al 12’ della ripresa contro la Spagna dopo un primo tempo molto combattuto e equilibrato. Bellone allo scadere chiuderà i giochi regalando il trionfo alla formazione di Hidalgo.

Tra le prime quattro, un po’ a sorpresa, finisce anche la Danimarca di un altro Michael: il principino Laudrup, altro elemento di una classe immensa che in Italia abbiamo ammirato con le maglie di Lazio e Juventus.

Solo comprimarie, nei due gironi di un tabellone ristretto a otto squadre, il Belgio di Ludo Coeck (un anno dopo un incidente stradale mise fine prematuramente alla sua vita dopo aver collezionato 46 presenze con la nazionale belga, partecipando anche ai mondiali di Spagna nel 1982) e del mezzo italiano Vincenzo Scifo e la Jugoslavia.

Ma anche la Germania Ovest di mister Jupp Derwall e del vecchio totem Karl Heinz Rumenigge non fa molta strada. Come la Romania di Mircea Lucescu, che prima di venire ad allenare nel Belpaese, si tolse però lo sfizio, addirittura nella fase di qualificazione, di eliminare gli azzurri campioni del mondo in carica, gli eroi di Spagna 1982. Già, l'Italia di Enzo Bearzot non riuscì a mettere il naso fuori dai propri confini e così dovette accontentarsi di seguire da casa l'Europeo di Francia e della Francia.

Nel girone eliminatorio finì penultima solo davanti a Cipro e dietro a Romania, Svezia e Cecoslovacchia. La nostra nazionale, grande protagonista in Spagna solo due anni prima, iniziò proprio in quel periodo la lunga parabola discendente che culminerà, successivamente, con l’eliminazione anche nel mondiale del 1986 per mano della Francia del grande Michel Platini. Le roi, il grande protagonista del calcio europeo in quel periodo e condottiero della Francia.

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