Il volontariato piange Giandon, il buon Samaritano della mensa Clab

Bolzano. Un uomo buono e retto. Ma anche determinato e diretto, capace di muovere mari e monti per assistere i più deboli, gli anziani, i migranti, i poveri. Come quella volta che il Comune cancellò...



Bolzano. Un uomo buono e retto. Ma anche determinato e diretto, capace di muovere mari e monti per assistere i più deboli, gli anziani, i migranti, i poveri. Come quella volta che il Comune cancellò i 1.500 euro per il pranzo di Natale e lui fece un tale diavolo a quattro, che non solo i soldi vennero miracolosamente recuperati, ma alla Vigilia si presentarono pure tre assessori a servire ai tavoli clochard e persone ai margini della città. Il volontariato bolzanino perde un pezzo importante della sua storia con la morte di Vittorio Giandon, fondatore della mensa Clab. Ogni tanto qualcuno lo tirava da una parte, appena entrato in via Perathoner. «Senta, oggi non riesco a pagarmi il pasto. Se mi permette, facciamo così: appena mi arriva la pensione, saldo. Magari anche quello di domani...». E Vittorio si vedeva allungare un “pagherò”, scritto su un foglietto. Lo metteva in tasca e faceva passare. Il foglietto? Se lo dimenticava dentro qualche pantalone. In tanti saldavano, a fine mese. Qualcuno no. Ma non importava. «Sa quanti pasti gratis abbiamo servito? Tanti. Ma io ero tranquillo perché voleva dire che proprio non ce la facevano a tirare fuori anche solo quei pochi euro». Ecco cosa resta di Vittorio Giandon: tanto bene sparso per 30 anni. Gli anni nei quali ha retto la mensa della Clab, quella della coop sociale che aveva fondato lui stesso. Passando sopra burocrazie, bolli, porte aperte e chiuse in una infinità di uffici pubblici. Se ne è andato l’altro giorno quest’uomo che era diventato un volto cui ricorrere quando il mondo si girava dall'altra parte, lasciando poco spazio alla speranza e tanto alla fame. «Chi ospitiamo? Gente che improvvisamente si è trovata senza più soldi per vivere, che magari fino a ieri lavorava, aveva una casa , una famiglia». E anche chi si vergognava a bussare ai servizi sociali, chi vedeva nella Clab un luogo ancora possibile, intermedio, tra dignità e miseria, tra un residuo di socialità possibile e il buio dell'elemosina. Insomma, quel mondo di mezzo, fatto di persone normali, finiti poi d'improvviso dentro problemi più grandi di loro, separazioni, abbandoni, licenziamenti; e ancora, pensionati sotto i mille euro mensili. O il più delle volte a navigare tra le 400 e 500. «Mi sono trovata in pensione e non ho saputo più come riempire la mia giornata - gli ha detto un giorno una signora - con in meno quei pochi soldini che mi arrivavano dal lavoro. Che faccio? mi sono detta. Ecco, qui alla Clab ho trovato anche tanti amici...».

Era questo, che aveva sempre sperato diventasse la sua creatura, Vittorio Giandon. Non solo una coop sociale. Non semplicemente una mensa per chi non può spendere più di sette euro per un pasto. Un rifugio di umanità: ecco cosa ha costruito Giandon alla fine.

Mettendo mano alla Bolzano che non si vede. Non quella dei fantasmi sulle panchine dei parchi o seduti a terra con la mano tesa. Non solo: la città della fragile dignità di una vita sul discrimine tra piccolo benessere e improvvisa indigenza. «Arrivano anziani, tanti. Tantissimi pensionati con la minima. Ma anche gente più giovane, che non se la sente di andare ai servizi, che d'improvviso si è trovata a fare i conti con una vita difficile...» raccontava spesso dando conto degli ospiti della sua coop.

Presidente da sempre, si era dedicato in particolare alla mensa. Facendola diventare il motore di una solidarietà diffusa. Tanti anziani, prima in fila per un pasto, erano infine diventati volontari. Suoi collaboratori. Finalmente con in mano di nuovo un lavoro. Un furgone caldo faceva poi la spola tra Clab e i luoghi dove venivano accolti i rifugiati.

Quanti pasti per questi nuovi poveri? Almeno 700 al giorno. Erano più di 500 invece, quelli serviti nella mensa “ordinaria”. Un sogno, quello di Giandon, divenuto realtà quasi 30 anni fa ma poi lievitato in una miriade di torrenti di solidarietà urbana. E anche motore di nuove possibilità occupazionali, con centinaia di volontari che si sono succeduti negli anni, fino a far diventare la coop una realtà strutturata, in grado di collaborare e di trovare sinergie con le altre cooperative e con la Caritas.

Vittorio Giandon lascia la moglie Tiberina e le figlie Fiorenza e Liliana. Giovedì alle 11 nella chiesa di San Domenico, la messa in suffragio. (p.ca)

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