sci

In Alto Adige 32 bacini artificiali per produrre neve programmata 

La denuncia di Legambiente: «Il 90% delle piste in Italia preparate con neve artificiale, 70% in Austria, 50% in Svizzera».  Ghezzi, esercenti funiviari: «Massima attenzione all’ambiente». Pichler, Ski Center Latemar: «Senza cannoni la stagione non sarebbe neppure iniziata»


antonella mattioli


BOLZANO. Per gli ambientalisti è “accanimento terapeutico” continuare a puntare sull’industria dello sci a fronte dei repentini cambiamenti climatici, per cui le precipitazioni sono sempre più scarse e le temperature sempre più alte. Nella zona ovest e sud della provincia - tanto per dare la misura della gravità della situazione - non cade una goccia d’acqua da 50 giorni. Eppure - ribattono i gestori degli impianti - l’attuale stagione dello sci, che senza l’innevamento artificiale non sarebbe neppure iniziata, è da boom in tutto l’arco alpino: i dati sono migliori anche dell’era pre-Covid. Significa divertimento per chi va in pista; affari per gestori degli impianti e albergatori; lavoro per migliaia di persone.

Di questi temi si è discusso a Torino, al convegno dal titolo: «Nevediversa - il Turismo invernale ai tempi della transizione ecologica», organizzato da Legambiente.

E in consiglio provinciale a Bolzano, dove è iniziata la discussione della mozione, presentata dal gruppo verde, che chiede che non vengano rilasciate nuove concessioni idriche per la realizzazione di invasi, finché non saranno disponibili studi – da commissionare – sugli effetti dell’innevamento sul ciclo idrico naturale. Ma la capogruppo Magdalena Amhof ha già annunciato che l’Svp non voterà la mozione, in quanto ci sono già diversi studi al riguardo.

Quasi solo neve artificiale

In base allo studio presentato a Torino da Legambiente, stando alle ultime stime disponibili, l’Italia è “tra i Paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale con il 90% di piste innevate artificialmente, seguita da Austria (70%), Svizzera (50%), Francia (39%). La percentuale più bassa è in Germania, con il 25%”. Preoccupante - sempre secondo Legambiente - il numero di bacini artificiali realizzati in prossimità dei comprensori sciistici, per produrre la neve programmata: in tutto a livello nazionale ci sono 142 invasi, di cui 32 solo in Alto Adige (59 a livello regionale). Il sistema di innevamento artificiale - secondo gli ambientalisti - non sarebbe più sostenibile, poiché comporta consistenti consumi di acqua, energia e suolo in territori di grande pregio.

Tanto per avere un’idea in Alto Adige, sono 122 le dighe con volume di invaso superiore a 5000 metri cubi attualmente in esercizio; 17 di queste sono grandi dighe e 105 piccole. Le destinazioni d’uso più frequenti sono nell’ordine: quella per scopo irriguo (41), idroelettrico (39) e a servizio dell’innevamento artificiale (32); completano il quadro, gli usi ricreativi (10) come la balneazione e la pesca. Le 17 grandi dighe presenti sul territorio provinciale sono tutte di tipo idroelettrico.

Gli impiantisti

Alle critiche degli ambientalisti, rispondono Valeria Ghezzi, presidente dell’Associazione nazionale esercenti funiviari, intervenuta ieri al convegno di Torino; Siegfried Pichler, presidente del comprensorio sciistico SkiCenter Latermar che comprende le piste di Obereggen, Pampeago e Predazzo. «Siamo consapevoli - ammette Ghezzi - di operare in ambienti delicati e per questo siamo i primi ad avere a cuore la tutela della montagna. Per noi, e per le intere comunità che contribuiamo a sostenere, le “Terre alte” sono patrimonio e prodotto». Quindi la difesa della neve artificiale, programmata o tecnica: «Sentiamo spesso parlare in termini negativi della neve tecnica, quando questa è composta solo di acqua ed aria, senza alcun additivo. Acqua che viene semplicemente presa in prestito in autunno, per essere naturalmente rilasciata nell’ambiente in primavera».

Tecnologia fondamentale

E Pichler aggiunge: «Nel comprensorio SkiCenter Latermar abbiamo cinque invasi, tutti regolarmente autorizzati, che si riempiono con l’acqua captata da rii e torrenti - solo nella quantità prevista dalle concessioni - e con le piogge. Servono per far funzionare gli impianti di innevamento - complessivamente tra Obereggen, Pampeago, Predazzo ne abbiamo 290 tra cannoni e lance - ma anche ai vigili del fuoco in caso di incendi. La creazione di bacini, difronte alla scarsità di precipitazioni, diventerà sempre più importanti anche per l’agricoltura». Il presidente del comprensorio è realista: «Senza la tecnologia, quest’anno non saremmo neppure partiti, vista la scarsità di neve. L’industria del turismo bianco si sarebbe fermata. Noi siamo i primi ad essere preoccupati per gli effetti dei cambiamenti climatici; anche se già le stagioni ’88-’89 e ’89-’90 erano state caratterizzate dall’assenza di neve. Detto questo investiamo continuamente in tecnologia, per produrre grandi quantità di neve, sfruttando al massimo le poche giornate fredde. Così riduciamo i consumi sia di acqua che di energia e conteniamo anche i costi».

 













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