Il Sinodo

In Alto Adige mancano almeno 200 parroci

La prima fase si è conclusa: i Consigli della diocesi fotografano la società cambiata. Donne, identità di genere e clericalismo tra i temi. Alla base c’è la profonda crisi delle vocazioni



BOLZANO. Solo 81 su 281 parrocchie dispongono di un parroco residente. Età mediana, 76 anni. E non è solo la crisi delle vocazioni a motivare l’esigenza di una riforma del diritto canonico contenuta nel rapporto finale della prima fase – quella diocesana – del Sinodo mondiale dei vescovi. C’è anche un monito alla sobrietà: «L’appello alla salvaguardia del creato e alla giustizia sociale sarà credibile solo nella misura in cui anche le stesse istituzioni ecclesiali riusciranno a trasformare il proprio approccio economico».

Un lavoro collettivo.

Al termine del primo anno del processo sinodale avviato lo scorso autunno da papa Francesco, nella riunione congiunta di Consiglio pastorale e Consiglio presbiterale a Bressanone è stata elaborata la sintesi finale: al suo interno sono raccolte le esigenze di un mondo che cambia. Si parla del ruolo delle donne, di accoglienza e di impegno, di identità di genere e sessualità, di fragilità e abuso. Tra i temi più legati all’Alto Adige, i linguaggi della liturgia e il plurilinguismo negli organi parrocchiali.

Così il direttore dell’Ufficio pastorale Reinhard Demetz, incaricato dal vescovo Ivo Muser di accompagnare la fase diocesana: «La base di questo lavoro in sede locale è stato il Sinodo 2013-2015, la cui attuazione è ancora in corso. I temi messi in agenda quasi dieci anni fa sono in parte ancora attuali. Alcune questioni sono state chiarite, altre si sono acuite».

L’accoglienza.

La sintesi parte dalle persone: povere, anziane, sole, ammalate, con disabilità; famiglie monoparentali; profughi e vittime di violenza e guerra. «C’è una spiccata consapevolezza del compito di inclusione verso le persone fragili ed escluse. Sarebbe importante sviluppare maggiormente l’impegno strutturato delle comunità in questo senso», dice il documento. Significa andare oltre l’appello morale, e c’entra con la carenza di preti.

Il diritto canonico.

Oggi il parroco medio si cura di 3 o 4 parrocchie, il decano di Malles addirittura di nove. La funzione di tessitore di reti non può più gravare solo sulle sue spalle: il documento riconosce l’opera dei battezzati organizzati ad esempio in “team pastorali” e delle tante donne che organizzano la vita delle comunità religiose. Lo mette nero su bianco: «Emerge un’esigenza di riforma del diritto canonico. Già adesso molte decisioni formalmente riservate al parroco di fatto vengono prese nei Consigli pastorali».

Le proposte? Istituire un ministero per la guida della comunità, oppure «ripensare l’ordine sacro», ad esempio ordinando i diaconi. Si aprono questioni fondamentali: quali opportunità per le donne? «Emerge la richiesta – così ancora la sintesi – di coinvolgere maggiormente le donne e persone non ordinate con diritto di voto in ogni organo decisionale della Chiesa a ogni livello».

Il clericalismo.

Come chiesto da papa Francesco, l’assemblea ha aperto occhi e orecchie. «La dottrina sull’omosessualità e sull’identità di genere – scrive – e l’impossibilità per le donne di accedere all’ordine sacro è percepita da ampie parti del popolo di Dio come escludente, come anche l’approccio alle persone divorziate risposate. Molte voci invitano a ripensare la dottrina a partire dall’incontro». Affronta il tema del clericalismo, che può essere polarizzante: un credente praticante come pure un ateo potrebbero pensare il rapporto con la Chiesa cattolica come un «noi/loro». Un conflitto da lasciarsi alle spalle. L’invito è di «sostare nelle domande senza dover dare le risposte».

La messa e la lingua.

La partecipazione alla messa ha subito «un calo senza precedenti», soprattutto tra le famiglie. E non sempre l’ars celebrandi soddisfa, in particolar modo per quanto riguarda la liturgia in tedesco, più “ingessata”. «Bisogna trovare un linguaggio che riesca a comunicare il mistero e permetta di comprenderne il senso».

Allo stesso tempo, il Sinodo diocesano fa i conti con la propria vecchia richiesta di unificazione dei Consigli parrocchiali divisi per lingua. Il progetto procede con grande fatica. L’esempio, spiega Demetz, possono essere le valli ladine, «un modello per tutta la Diocesi». Altre parrocchie – ad esempio Laives e San Giacomo – stanno affrontando percorsi non facili ma con buone speranze di riuscita.

Nessuna forzatura là dove il bilinguismo porterebbe alla perdita di fedeli. Ad esempio, quelli di lingua italiana a Bolzano hanno nel giro di pochi chilometri Don Bosco, Visitazione, Pio X, Corpus Domini. La parrocchia di Maria in Augia, tedesca, invece copre più zone, e imporre l’unificazione con il Consiglio pastorale italiano creerebbe gravi malumori. S.M.













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