In America arriva l'eolico altoatesino

La Leitwind costruirà un impianto alle spalle della Statua della Libertà


Fabio Zamboni


BOLZANO. Anton Seeber fa l'americano. Ma mica come Alberto Sordi: differenze di stile a parte - il Nostro è un impeccabile manager, non un simpatico sbruffone -, l'amministratore delegato della Leitwind (Gruppo Leitner) dopo aver terminato i lavori della funivia Roosvelt Island Tramway nel centro di New York, cambierà lo skyline alle spalle della Statua della Libertà. Da Manhattan, il simbolo della Grande Mela che dal 1884 troneggia su Liberty Island a fine anno apparirà con uno sfondo inedito: un impianto di pale eoliche più alte della statua stessa, sistemate a una distanza di circa due miglia nel Comune di Bayonne, New Jersey. Come vincere alla lotteria, per l'altoatesina Leitner e per la sua Leitwind, perché un appalto di questa importanza spalanca nuove fette di mercato, moltiplica le opportunità. Quest'avventura americana ce la racconta Seeber stesso, dal suo ufficio di Vipiteno: «È una grande soddisfazione, perché è stata una gara davvero combattuta. Una commessa prestigiosa, sia perché simboleggia un importante passo avanti nella "liberazione" dalle energie fossili, sia perché la nostra macchina sarà visibile da Manhattan e cambierà il panorama di quest'angolo del New Jersey. Strana coincidenza, mia moglie viene prprio dal New Jersey, non lontano da Bayonne, quindi abbiamo fatto le trattative durante l'estate, mentre ci trovavamo a casa sua». Il segreto di questo successo? «Prima di tutto il fatto che noi siamo abbastanza diversificati. Poi, ciò che mi è piaciuto in questa difficile gara, è che una certa quantità di "valori", cioè di materiali, dovevano essere generati in casa, negli Usa insomma, almeno al 50 per cento. Noi acquistiamo le pale lì negli Usa, quindi abbiamo soddisfatto questa richiesta; una richeista che condivido, un bel segnale, trattandosi di un appalto pubblico. Sembra una cosa naturale, ma se si pensa a tutte le ditte italiane che invece comprano in Cina per costruire qui...». Altre carte vincenti? «Volevano una macchina senza riduttore, per abbattere il rumore della pala eolica, in una zona che è abitata. E la nostra macchina è una delle poche alternative possibili. Infine, noi abbiamo già esperienza in materia di freddo, di ghiaccio sugli impianti. Un problema che hanno anche là». Vento garantito, intorno all'Hudson. «Altroché. Fra l'altro, parlando con i committenti, ho scoperto una cosa curiosa: gli abitanti di quell'area già nel XVII secolo utilizzavano il vento per produrre energia, con i mulini a vento installati proprio sull'isola di Manhattan. Insomma, non abbiamo inventato nulla...». Polemiche a livello di impatto ambientale? «No, il contrario. Gli americani sono molto pragmatici, sono affascinati da queste nuove soluzioni e dal minore utilizzo del petrolio. Sanno che tutto ha un rovescio della medaglia e che tutto ha un prezzo. Che non puoi dire no a tutto. Rinnovabile non vuole dire che non lo vedi, non lo senti e non lo annusi. E loro hanno capito». Collegandoci alla cronaca recente: se arriva un tifone? «Nessun problema. Purtroppo non possiamo sfruttare il vento oltre i 120 km orari. Le macchine sono però dotate di quattro tipi diversi di freno. Col tifone si ferma tutto». Questa prestigiosa commessa da 3 milioni di euro potrebbe aprirvi nuovi orizzonti anche sul turismo statunitense. O no? «Certo. Stiamo già partecipando a una gara per il Disney Park di Orlando, Florida. E le opportunità aumenteranno ancora, perché gli Stati Uniti spingono molto sulle nuove soluzioni ecologiche».

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