«In Italia non vi conoscono abbastanza»

BOLZANO. Gian Antonio Stella nelle sue inchieste non risparmia la gestione dell’autonomia speciale. A proposito dei risultati dell’indagine sulla percezione dell’Alto Adige il suo primo commento...



BOLZANO. Gian Antonio Stella nelle sue inchieste non risparmia la gestione dell’autonomia speciale. A proposito dei risultati dell’indagine sulla percezione dell’Alto Adige il suo primo commento invece è «siamo nel solco delle cose che mi sono sempre state sulle scatole». Clichè. In questa intervista telefonica l’inviato del Corriere della Sera spiega perché.

Alto Adige terra di persone arroganti, precise, affidabili, antipatiche, votate a un turismo d’élite. Lei conosce la nostra terra. Si ritrova in questa fotografia?

«Non mi sorprende. Ognuno attribuisce agli altri una lontananza tale da diventare virtù negativa. Penso agli esempi riportati da Eugenia Tognotti, storica della medicina, su come è stato declinato il nome della sifilide. Per i francesi era “le mal napolitain”, per gli italiani il mal francese, per i polacchi il mal dei tedeschi, per i giapponesi il morbo portoghese, per i portoghesi il morbo castigliano, per i russi il mal dei polacchi, per i persiani il morbo turco, per i turchi il morbo dei cristiani, e avanti così. Come scrive Erodoto nelle “Storie”, i persiani stimavano i loro vicini, e poi progressivamente i più lontani. Succede così, quando non si conoscono gli altri. È sempre accaduto così. Marco Polo immaginò nelle Isole Andamane uomini con la testa di cani. A distanza di tanto tempo, è questo che torna fuori. L’aspetto più interessante della ricerca è che il 40% degli intervistati ha risposto senza essere mai stati in Alto Adige. La loro è una idea a casaccio, mentre per dare giudizi sarebbe bene conoscere le cose. Qualche anno fa Matteo Salvini disse “non sono mai sceso a sud di Napoli in vita mia”, e si trovava alla presentazione del libro “La Zavorra” di Enrico Del Mercato ed Emanuele Lauria sulla Sicilia».

Dall’indagine è emerso che l’82% del campione sa che il Trentino Alto Adige è una regione a Statuto speciale. Un buon dato, è stato detto.

«Ma il 60% non è al corrente dell’esistenza del nome Südtirol. Una ignoranza sorprendente, che dà l’idea dell’indifferenza di una parte del Paese a conoscere la propria storia. Ci si attacca invece agli stereotipi, che sono delle brutte bestie. Il presidente Kompatscher ha fatto bene a commissionare l’indagine: con questi risultati sa dove occorre intervenire. Giustamente persone come Tania Cagnotto, una campionessa che ha rappresentato l’Italia, si è sentita offesa, perché tutti vengono chiamati in causa, quando si descrive l’Alto Adige come terra di privilegi».

Lei ha descritto alcune storture del sistema altoatesino.

«Ci sono certamente esagerazioni. Non puoi spendere dei soldi per il wc dei cani, mentre gli italiani sono immersi in una crisi profonda. L’Alto Adige si è preso degli sfizi, ma non puoi liquidare l’autonomia come una somma di privilegi. Gli italiani sanno quante competenze ha la Provincia? Che gli stipendi di molti dipendenti pubblici sono pagati dall’amministrazione provinciale? Che ci sono state battaglie politiche che ci hanno salvato da decenni di possibili conflitti violenti? Che c’è un Pacchetto tutelato a livello internazionale? Che l’autonomia dell’Alto Adige non è la medesima della Sicilia o della Sardegna? Non credo».

L’indagine sarà la base di una strategia di «sensibilizzazione». Può avere successo?

«Avrebbero dovuto attivarsi prima. Sono stati spesi molti soldi sul marketing turistico, con le belle montagne e le mucche con il campanone. Da tempo era necessario investire su informazioni civiche, per fare capire che il Sudtirolo fa parte dello Stato italiano, con un sistema di autonomia che viene studiato in tutto il mondo». (fr.g.)

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