In pensione Gobbetti il primo professore laico di religione

«Ai tempi fu una rivoluzione, ora è una necessità» Dopo 42 anni di carriera la festa di commiato alle Fermi


di Alan Conti


BOLZANO. Trasportare la religione nel laicato. E’ quasi paradossale la sfida, vinta, che Giuliano Gobbetti ha steso lungo la sua carriera professionale di docente di religione della scuola media Fermi. Quarantadue anni legati a doppio filo a questo istituto che è cuore di un quartiere prima ancora che apprezzata frontiera di sperimentazione.

Sabato il commiato per un pensionamento ormai inevitabile dopo un prolungamento legato alla passione.

Gli studenti lo hanno applaudito, i colleghi gli hanno addirittura dedicato un piccolo canto in terzine dantesche mentre noi ci accontentiamo di capire cosa abbia significato essere il primo professore laico a insegnare religione in Alto Adige.

“Era una rivoluzione di concetto – spiega – perché nessuno era abituato e io dovevo prima di tutto spiegare come non fossi un prete. Va detto, però, che l’allora vescovo Joseph Gargitter aveva lo sguardo lungo in questo campo. Avviammo una rivoluzione che poi divenne inevitabile per concetto, ma anche per mancanza di materia prima”. Già perché allora era la Diocesi ad avere competenza sulle vostre carriere. “Sì, certo, c’erano le nomine. Ora tutto è passato in mano alla Sovrintendenza e si è trattato di un cambio di prospettiva importante. D’altronde prima l’interferenza era troppa”. Quanto è cambiato l’insegnamento di questa materia nel tempo? “Molto, ma a fasi ondulatorie. Dopo un primo periodo di grande tradizione si arrivò a metà anni ’80 per cercare nuove strade mentre oggi si tende a tornare nell’alveo di un insegnamento più classico”. Poi dipenderà anche dal professore. “Certo e io ricordo con grande piacere il periodo delle compresenze con storia e arte in aggiunta alla solita ora di religione. Queste discipline respirano una sull’altra: è un peccato che una simile impostazione non sia diventata sistemica. Su questo il vecchio assessore Remo Ferretti aveva idee moderne, ma non riuscì a portarle in porto”.

Gli studenti, però, spesso guardano alla religione con una punta di superficialità. “Non è detto – ribatte Gobbetti – perché dipende dai ragazzi. Chi ritiene la scuola solo una semplice seccatura di certo non cambierà idea per religione, ma chi analizza l’insegnamento in termini utilitaristici può essere portato alla riflessione. Di veramente utile, basilare, c’è solo leggere, scrivere e saper usare la calcolatrice. Tutto il resto, però, fa la differenza”. Nelle classi di oggi, tuttavia, bisogna anche considerare la componente degli stranieri, spesso di altre fedi, e come porsi nei loro confronti. “Alle Fermi abbiamo alte percentuali e devo dirle che spesso è particolarmente lodevole il modo in cui si pongono le loro famiglie. Si sente la necessità di conoscere la cultura del nostro territorio e di essere integrati: di conseguenza si stanno riducendo sempre di più le domande di esonero o, addirittura, compaiono quelle di reintegro. Paradossalmente quello che doveva essere uno dei campi di divisione più accentuata potrebbe diventare una delle chiavi per l’integrazione”. Da un paradosso all’altro. In mezzo una carriera.

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