Ingun, l’enologa che ha «domato» il Pinot nero

Walch è una delle prime donne enotecnico in Alto Adige Lavora nell’azienda di famiglia a Termeno


di Federica Randazzo


TERMENO. «Vuoi sempre fare quello che fa il papà!». È così che è iniziata la passione per il vino di Ingun Walch, l’enologa della cantina Hofkellerei Willi & Gerlinde Walch di Termeno. Il papà Willi, infatti, proviene dalla dinastia dei Walch, da sempre attiva nel mondo della viticoltura altoatesina. Nel 1977, insieme alla moglie Gerlinde, ha deciso di creare la propria azienda, per dare un’impronta personale ai vini. Ingun ha studiato enologia e viticoltura a San Michele all’Adige e a Geisenheim, in Germania e, prima di decidere di lavorare nell’azienda di famiglia, ha fatto importanti esperienze internazionali in Australia e Nuova Zelanda. È mamma di due bambini di cinque e sette anni. «Sono nati entrambi ad agosto ed i miei colleghi uomini mi hanno dato della matta - dice ridendo - non riuscivano a concepire che li avessi partoriti proprio prima della vendemmia». La cantina possiede due ettari di schiava e Gewürztraminer, le altre varietà vengono conferite da dieci contadini, «in questo modo riusciamo ad avere le uve provenienti dalle zone più vocate, come il pinot nero di Montagna, o il Lagrein di Soprabolzano». Il vino fa parte della vita di Ingun da sempre, fin da piccola infatti veniva coinvolta nelle faccende della cantina: «Aiutavo mia mamma a scrivere le fatture e portavo i bicchieri ai tavoli durante le degustazioni, mi divertivo molto». Dei suoi prodotti, oltre venti etichette, Ingun annota ogni singolo passaggio, dalla coltivazione all’imbottigliamento, creando così una sorta di diario, “in questo modo riesco a ricordarmi la storia di tutte le mie bottiglie”. L’azienda porta sul mercato una grande varietà di vini tipici dell'Alto Adige ed ha scelto come simbolo Giano, il dio che presiede l’inizio e la fine delle cose. «Il suo sguardo è rivolto al passato e al futuro, a significare la continuità di una tradizione». Ingun ha un debole per il Pinot nero:«È un’uva che mi ha fatto penare tanto, ma poi ho avuto l’idea di vinificarla in rosato, come si fa in Germania». Così è riuscita a domare questo vitigno, creando un vino piacevolissimo che porta il suo nome. Molto interessante è anche il Pettirosso, uno dei pochi Gewürztraminer altoatesini che fa parte della fermentazione (circa 1/3) a contatto con le bucce. «Nasce da un esperimento di mio papà ed il risultato è un vino dai profumi intensi, con una lieve tannicità e dal color buccia di cipolla, che ricorda quello di un pettirosso, appunto». Ingun lavora nell’azienda di famiglia da più di 15 anni ed è una delle prime enologhe donne della provincia. «La prima volta che sono andata alla riunione degli enotecnici dell’Alto Adige, è stato strano perché ero l’unica donna presente». Dal padre ha imparato a lasciare la massima libertà ai contadini, “perché non c’è nessuno che conosca gli appezzamenti meglio di chi ci lavora tutti i giorni”.













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