Innocenzi: «Quando Silvio ci convocò al Jolly Hotel»

Il manager ripercorre la nascita del partito azzurro in Trentino Alto Adige «Nominai Füstos segretario a Bolzano, Michaela cominciò facendo fotocopie»


di Gianpaolo Tessari


BOLZANO. Dietro ai gazebo di Largo Carducci a Trento, come a quello di piazza Matteotti a Bolzano, sabato c’erano gli iscritti di oggi e 25 anni di storia di Forza Italia. Il partito ora indossa i gilet azzurri, quando il Cavaliere suonò la carica erano d’obbligo blazer gessati e tailleur con la sola frivolezza della spilla tricolore. Il pokerissimo dello scorso marzo (ad indiscutibile traino Lega), ebbe alle elezioni politiche di quell’anno un risultato fotocopia, con la differenza che toccò a Forza Italia trascinare gli alleati. In regione il partito di Silvio Berlusconi vide la luce grazie a Giancarlo Innocenzi, manager trentino che si era fatto luce nella Fininvest, e che qui racconta quegli anni.

Innocenzi come reclutò la pattuglia di candidati che 25 anni fa si ritrovò onorevole e senatore, quasi all’improvviso visto che molti di loro non si occupavano di politica?

«Senza quasi, all’improvviso proprio. E nel mio caso non fu propriamente un regalo trovarmi in Parlamento da un giorno all’altro. Venni chiamato come altri dirigenti d’azienda a partecipare a quello che allora Berlusconi chiamava progetto Donatello, visto che era ospitato in una delle sale del Jolly Hotel, a Milano 2, che portava questo nome. Eravamo nell’agosto del 1993 e si cominciò a fare un periodo di formazione politica».

Chi c’era?

«Beh tra i docenti Giulio Urbani e Antonio Martino, entrambi poi divennero ministri. L’idea di Berlusconi era quella di mettere assieme un partito che fosse poi a disposizione di Mario Segni che poco prima aveva vinto il referendum sul maggioritario. Si pensava ad una struttura che potesse portare Segni ad un piano successivo, ma lui non si convinse. Gli stessi dubbi rimasero anche in Martinazzoli, nessuno credeva si sarebbe potuto varare una partito in così poco tempo».

Invece il progetto Donatello, poi diventato Forza Italia, nacque. Eccome.

«Berlusconi si convinse a scendere in campo con quel famoso discorso dell’«Italia è il Paese che amo» ed affidò a ciascuno di noi dirigenti Fininvest una regione, affinchè reclutassimo un numero di candidati per coprire i collegi che, con il nuovo sistema elettorale, erano maggioritari. A me, che ero trentino, affidò il Trentino Alto Adige. Si trattava con la Lega ed avevo come interlocutore Bobo Maroni. La prima idea di Berlusconi fu di fare l’accordo al nord con la Lega e al centro- sud con Alleanza Nazionale».

Chi trovò?

«Beh, io come avversario sul proporzionale ebbi, tra gli altri, Pietro Mitolo che qui era contro di noi. Installammo il quartier generale del partito in via Brennero, a Trento, negli uffici Fininvest. A chi mi rivolsi? Ad amici, soprattutto: alcun accettarono con entusiasmo, altri mi mandarono a farmi friggere. Misi insieme un gruppo di candidati e accadde che in valle di Non Maroni mi disse “Guarda io qui non trovo nessuno”, sceglilo tu. Mi presentarono Paolo Odorizzi: venne eletto. Poi fu il turno del ristoratore Sergio Chiesa, del gioielliere Sergio Spisani».

Che campagna faceste?

«Stavamo due giorni a Milano, a raccogliere i temi, il resto sul territorio a spiegarli».

A Bolzano c’erano già Franco Frattini e Michaela Biancofiore?

«No, a Bolzano mi fu indicato Ermanno Füstos che era stato per un periodo uno dei segretari di Moro e che aveva dunque maturato una certa esperienza. Lo nominai segretario provinciale e lui ci indicò Michaela come sua assistente. Sostanzialmente lei iniziò a fare le fotocopie nell’ufficio di Füstos. Poi la futura onorevole Biancofiore venne recuperata nel 1996 quando candidammo Franco Frattini nel collegio Bolzano- Laives e lei venne impiegata a supporto della campagna di colui che divenne poi ministro degli Esteri».

E anche lei si ritrovò onorevole alla prima uscita di Forza Italia?

«Sì, andai quasi ovunque, una sola volta in valle di Non, che considerammo persa. Sul proporzionale, con lo scorporo, non avevamo molta convinzione di farcela. Ricordo che la notte dello spoglio mi telefono l’allora Commissario del Governo, Goffredo Sottile, e mi disse che non ce l’avevo fatta».

Come la prese?

«Le dico solo che avevo affittato la Cantinota, in via San Marco a Trento, dove installai un maxi schermo per seguire lo spoglio. Ero felicissimo, facemmo cappotto, e poi una bella festa. Le dico la verità: ero anche contento di tornarmene al mio lavoro, Milano. Invece...»

Come l’avvisarono?

«Ero in auto, il giorno dopo, e mio chiamò al telefono la segretaria di Sottile, mi disse “Parlo con l’onorevole Innocenzi? “. Ho capito che lo scorporo mi aveva fatto eleggere: prendemmo 107 mila voti».

La storia racconta poi che lei diventò sottosegretario e che Michaela Biancofiore è entrata poi in Parlamento...

«Subito dopo aprimmo una sede a Trento, in Largo Carducci, dove hanno fatto il gazebo. E nominai Maurizio Perego come mio assistente».

Lei ora vive perlopiù a Londra, presiede tra l’altro una banca d’affari. Le cose per Forza Italia sono cambiate, crede ci siano le condizioni per tornare a quegli anni?

«L’onda lunga della Lega è destinata a durare ancora, non sarà eterna, ma non è terminata. Noi allora vincemmo perché eravamo figli della conoscenza della televisione, oggi le nuove generazioni comunicano sui social network. Non c’è più un elettorato ideologico, ma è molto “volatile”. I giovani di Lega e M5s hanno intuito che gli umori cambiano con facilità. Noi garantivamo competenze e professionalità, ora basti vedere Luigi Di Maio: ha sette competenze ministeriali. E non ha mai lavorato».













Altre notizie

l’editoriale

L’Alto Adige di oggi e di domani

Il nuovo direttore del quotidiano "Alto Adige" saluta i lettori con questo intervento, oggi pubblicato in prima pagina (foto DLife)


di Mirco Marchiodi

Attualità