Ipes, altri 4 patteggiamenti, ora si deciderà su Grando

Ieri hanno chiuso il procedimento con una pena minima due impiegati. Gli imprenditori Moser e Nicola hanno concordato un anno di reclusione


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Altro quattro imputati nell’inchiesta sul cosiddetto scandalo Ipes hanno scelto di chiudere il braccio di ferro con la giustizia con un patteggiamento. Un modo per uscire dalla vicenda in punta di piedi, con una condanna patteggiata che presuppone un riconoscimento sostanziale (ma non giuridico) di responsabilità senza dover affrontare i riflettori di un processo pubblico e potendo altresì contare su una riduzione di pena di un terzo.

I quattro che hanno imboccato questa strada ieri sono stati Mirco Moser (titolare della ditta individuale «RM») e Alberto Nicola (titolare della ditta individuale «Multiservizi edili»): entrambi hanno patteggiato un anno di reclusione a testa. Paolo Nascimbeni e Roberto Rebecchi (all’epocaimpiegati Ipes) hanno invece patteggiato rispettivamente quattro e tre mesi di reclusione. Il capo d’imputazione originario (corruzione) per gli ultimi due è stato derubricato in una ipotesi più lieve cioè in «corruzione impropria susseguente» (prevista in casi di regali accettati da funzionari pubblici per atti comunque dovuti».

Esce a testa alta dal processo completamente scagionata da ogni accusa Giovanna Pasolli, consigliere delegato della ditta «Wurza spa». Pienamente assolto anche l’artigiano (titolare in proprio di una ditta di tinteggiatura) Antonio Pronesti. Nei loro confronti le ipotesi accusatorio coltivate dalla Procura della Repubblica si sono rivelate inesistenti.

Lunedì prossimo il giudice dell’udienza preliminare dovrà decidere l’eventuale rinvio a giudizio o proscioglimento degli ultimi tre indagati ancora in ballo e cioè Stefano Grando (per anni funzionario Ipes con compiti specifici nella manutenzione del patrimonio immobiliare dell’ente) , Hugo Sanin e Arcadio Stimpfl. Quest’ultimo si è sempre dichiarato estraneo ad ogni accusa. Tenterà di ottenere il proscioglimento già in sede preliminare, in caso contrario dovrebbe decidere di affrontare il processo forte della convinzione di poter dimostrare la propria estraneità alle ipotesi accusatorie corruttive.

La posizione più delicata è quella del funzionario Stefano Grando, all’epoca dell’inchiesta rimasto in carcere circa due mesi al fine di scongiurare il pericolo di inquinamento delle prove.

Nell’inchiesta gli episodi di presunta corruzione a carico di Stefano Grando non mancano. Quelli indicati nell’ordinanza di custodia cautelare sono cinque, in gran parte caratterizzati dalla consegna di denaro di entità ridotta. Per Grando, comunque, il quadro accusatorio resta severo anche se lo stesso funzionario (che si è affidato ad avvocati fuori regione) ha annunciato battaglia legale a tutto campo. Dovrà però anche fare i conti con le ammissioni di Peter Kritzinger, il secondo funzionario di rilievo dell’Ipes finito in carcere durante la fase cruciale dell’inchiesta con ipotesi di corruzione.

Kritzinger ha già patteggiato 18 mesi di reclusione (con la restituzione di 26.966 euro). Grando sarà costretto a fare i conti con alcune dichiarazioni ed alcune ammissioni rilasciate proprio al nostro giornale nelle quali ammetteva di aver ritirato, in una occasione, una microtangente (che però lui ha sempre detto di aver considerato doni) destinata al suo superiore, per l’appunto Stefano Grando.

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