IPESKritzinger: ho preso soldi per Grando

Peter Kritzinger ha lasciato il carcere dopo due mesi e, per la prima volta, ha detto la sua su alcuni aspetti dell’inchiesta


Mario Bertoldi


BOLZANO. Peter Kritzinger non ha mai raccontato la sua verità ai magistrati che si occupano dello scandalo Ipes. La sua è una delle posizioni processualmente più pesanti con diversi episodi di corruzione (e in un caso anche di truffa) di cui è chiamato a rispondere. I suoi legali (gli avvocati Massari e Brazzini) hanno preferito invitarlo a tacere in attesa di conoscere l'esatto quadro accusatorio della Procura. Pochi minuti dopo essere tornato in libertà, Kritzinger ha però, per la prima volta, detto la sua su alcuni aspetti dell'inchiesta.

Come si sente dopo due mesi di carcere?
«Un po' frastornato. In carcere comunque mi hanno trattato bene. Non ho avuto problemi né con le guardie né con gli altri detenuti. E' stato meno terribile di quanto si possa pensare anche se la struttura è proprio una schifezza...»

La sua posizione è comunque molto delicata, sono diverse le accuse di corruzione che le vengono mosse per diverse microtangenti...
«Non erano tangenti, ma donazioni. Per quello che ne so nessuno ha mai chiesto o imposto percentuali sugli appalti. Ogni tanto delle ditte facevano dei piccoli regali o ci sponsorizzavano le cene a cui partecipavano anche i vertici dell'ente»

Ma lei è accusato di aver ottenuto soldi destinati a Stefano Grando...
«E'successo solo in una occasione. Mi ricordo che una ditta in difficoltà ci disse che se avesse ottenuto l'appalto per un ascensore ci avrebbe dato qualcosa. Poche settimane dopo Grando mi disse di comunicare alla ditta che aveva ottenuto il lavoro. I dirigenti dell'impresa mi consegnarono una busta con documenti e soldi che io consegnai a Grando. Poi non seppi più nulla. Ma anche in quel caso fu una donazione»

A lavorare erano sempre le stesse ditte e gli stessi artigiani...
«Non è vero. I lavori assegnati nel corso degli anni hanno coinvolto 150/200 ditte artigiane complessive. E' possibile che qualcuno abbia lavorato di più perché c'era bisogno anche di una certa competenza. La verità è che più volte è stata fatta presente la necessità di modificare i criteri di controllo degli appalti e la gestione dei lavori di manutenzione. In realtà la situazione è diventata sempre più difficile e complessa con carenza di personale ed un carico di lavoro sempre più pesante...»

Questa, secondo lei, è una giustificazione per gestire la cosa pubblica in termini clientelari, con favori e regali?
«Ripeto, non c'è mai stato un sistema tangentizio nella gestione dei lavori per l'Ipes. E poi gran parte delle donazioni venivano utilizzate per l'organizzazione di cene alla presenza anche dei vertici dell'istituto»

Vuole dire che erano cene di cui anche i dirigenti dell'Ipes erano a conoscenza?
«Certo, abbiamo sempre organizzato le cene nel magazzino dell'ente. Ad alcuni appuntamenti ha partecipato anche il presidente...»

Ma i costi erano coperti dalle aziende che ricevevano i lavori?
«In larga parte sì. In un'occasione fu un'unica ditta a voler sponsorizzare l'appuntamento e ci consegnò 5 mila euro. Diedi la metà a Grando perché acquistasse il pesce nel Veneziano dove ha la casa. Il resto lo tenni io per le altre spese ed il resto di cibo e bevande. Si trattava di una cena per circa 40 persone. Ma partecipò anche il presidente dell'ente»

In occasione del Natale 2009 però l'appuntamento saltò...
«E' verò. Non si fece nulla per una serie di problemi e dissapori».













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