Islam, festa del sacrificio In settecento al Palasport

Celebrazione simile alla Pasqua: «Gli agnelli vengono uccisi solo al macello» La richiesta per il prossimo anno: «Vogliamo farla in una piazza della città»


di Alan Conti


BOLZANO. «È la vostra Pasqua». Il parallelismo fa la sua comparsa tra le primissime frasi di tutti gli islamici che ieri avevano voglia di raccontarti che cosa stessero festeggiando. Tanti, in realtà, spalancano un sorriso davanti alla curiosità: hanno una discreta voglia di spiegare che la festa del sacrificio non è solo una mattanza di agnelli. Anche in questo, poi, non troppo distante dalla Pasqua.

Palasport di via Resia. Il tempio del volley, la casa del Festival Studentesco e la palestra quotidiana di almeno una dozzina di sport per una mattina si trasforma in qualcosa di molto simile a una moschea. Per carità, senza scatenare la polemica politica ma la sensazione di fronte a 700 fedeli piegati in preghiera sui tappetini di fronte all’imam arrivato da Verona è quella. Ordinati ma non troppo perché comunque è una festa quindi i bambini si rincorrono lungo il parquet. Alcuni giocano anche a calcio nei corridoi: d’altronde è pur sempre il Palasport. Confusione, ma con una carica spirituale evidente.

Assodato che la festa è molto simile alla Pasqua, forti di questa certezza, chiediamo di entrare più nel dettaglio a Hassan Ougdoud dell’associazione Famiglie Magrebine di Bolzano. «Questa ricorrenza (Id Al Adha in arabo) ricorda il sacrificio sostitutivo effettuato con un montone da Abramo, del tutto obbediente e disposto a sacrificare a Dio persino suo figlio Ismaele prima di venire fermato dall’angelo. Celebriamo lui così come celebriamo tutti i profeti». Questo, dunque, il significato strettamente religioso, ma come si traduce nella vita di tutti i giorni? «Il senso di questa festa è quella della condivisione in un concetto rafforzato di comunità. Di fatto si celebra la predisposizione che ogni fedele deve avere per la collettività. È esattamente questo che l’imam spiega e cerca di trasmettere. Noi abbiamo scelto di ospitare l’imam di Verona perchè ha una profondità di interpretazione superiore grazie a una preparazione invidiabile». Come ci si prende cura della comunità? «È qui che entra in gioco l’agnello. Nella storia non tutte le classi sociali potevano permettersi la carne quindi dividerla è un segno di compartecipazione di una ricchezza. Oltretutto collegata a una funzione vitale come il mangiare. Per tradizione, comunque, l’agnello viene diviso in tre parti: un terzo per se stessi, un terzo per la famiglia e u n terzo per i bisognosi». Ecco, i cristiani a Pasqua mica se lo mangiano tutto. «Ma è innegabile che i cattolici abbiano modificato maggiormente le proprie tradizioni religiose modellandole sui cambiamenti della società. Noi rimaniamo più collegati alle pratiche più antiche. Non è un giudizio di merito, ma una constatazione». Come la mettiamo con lo sgozzamento? «Quello non accade. Direi che la procedura che seguiamo a Bolzano esclude queste cose». Spieghiamola. «Certo. Nei giorni antecedenti la festa le famiglie possono andare dagli allevatori a scegliersi l’agnello che viene poi portato al macello. L’uccisione, alla presenza dei veterinari e secondo le procedure islamiche, avviene solo all’interno del macello. L’unica condizione è che sia compiuta solo dopo la chiusura della preghiera». Quindi dalle 10 di ieri mattina in poi. «Esattamente. Ci mettiamo in fila, ritiriamo l’animale lavorato e poi lo dividiamo con chi ne ha biosogno». Anche con i bisognosi di altre religioni? «Guardi, i nostri imam ci dicono che se io ho un vicino di casa che soffre la fame e non l’aiuto compio peccato. Qualsiasi sia la sua origine, età, sesso o credo».

C’è spazio, infine, per una richiesta. «Per noi si tratta di una festa da condividere con tutti. Prossimo anno sarebbe bello poterla svolgere all’interno di una piazza cittadina. Per avvicinarsi e lasciarci interrogare anche dalla cittadinanza che si incuriosisce».

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