Isolati in carcere, caso alla corte europea

Cinque reclusi , dopo la rivolta, furono puniti per sei mesi. Ma il provvedimento andava revocato. L’avvocato: un abuso


di Mario Bertoldi


BOLZANO. L’inchiesta penale relativa ai presunti pestaggi in carcere a Bolzano ai danni dei detenuti che avrebbero organizzato e provocato la sommossa con incendio e atti di vandalismo al secondo piano della struttura, non è ancora ripresa. In effetti si è ancora in attesa (a seguito di problemi di carattere tecnico) di conoscere quando gli interrogatori previsti con incidente probatorio potranno essere ripresi.

Nel frattempo la questione ha provocato l’apertura di un nuovo fronte di indagine che potrebbe avere sviluppi giudiziari clamorosi. E’ l’avvocatessa Mara Uggè a preannunciare ricorso alla corte internazionale di Strasburgo per la difesa dei diritti umani. E sul banco degli imputati, l’avvocatessa bolzanina, intende portarci lo Stato italiano con i suoi amministratori del comparto penitenziario.

L’intera vicenda, come detto, è strettamente legata a quanto avvenne nel carcere di Bolzano in occasione della rivolta avvenuta all’interno della casa mandamentale bolzanina il 23 gennaio scorso. I detenuti che qualche giorno dopo denunciarono di essere stati picchiati da agenti della polizia penitenziaria dopo la sommossa, sarebbero finiti ancora di più nel mirino del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Al punto che sarebbero finiti in un elenco di persone indicate come “pericolose” e, di conseguenza, sottoposte a “sorveglianza particolare”.

Quello della “sorveglianza particolare” è un regime carcerario considerato molto duro dai detenuti perchè si basa su un presupposto di fondo: evitare che il carcerato abbia contatti con altri reclusi. Lo prevede l’articolo 14 bis della legge 354 del 1975. La segnalazione alla magistratura dei cinque detenuti in questione, come presunti responsabili della somma e degli atti di vandalismo interno, giustificarono il provvedimento punitivo che però avrebbe dovuto essere revocato entro il 5 luglio, giorno in cui il giudice dispose il non luogo a procedere e l’archiviazione del procedimento nei confronti dei cinque stranieri. In realtà - sostiene l’avvocatessa Uggè - la detenzione in completo isolamento fu prorogata indebitamente sino all’ottobre scorso. Si tratta di un abuso di potere, sostiene il legale, per il quale ora lo Stato italiano sarà citato in giudizio davanti alla Corte europea per i diritti dell’uomo.

Nel frattempo dovrebbe riprendere quanto prima anche l’incidente probatorio davanti al giudice con audizione dei detenuti che denunciarono di essere stati picchiati dagli agenti, uno a uno, all’interno della struttura carceraria a sommossa conclusa. Le deposizioni dovrebbero essere seguite anche da riconoscimenti all’americana con eventuale indicazione del singolo agente penitenziario che in quella occasione sarebbe passato alle «maniere forti». Secondo l’avvocato difensore Nicola Nettis

a tutt’oggi non sarebbe emersa in realtà alcuna prova certa o anche un semplice riscontro di quanto i detenuti hanno sinora dichiarato sulle cause della rivolta.

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