L’addio a Mattia Fiori dopo sette anni di coma

La sua storia aveva commosso la città: si è spento a novembre al centro Firmian Era diventato il simbolo della struttura nata per ospitare anziani lungodegenti



BOLZANO. Mattia Fiori è morto, a 31 anni, di cui gli ultimi sette passati in quella sorta di limbo dove stanno coloro che sono sospesi tra la vita e la morte. Il suo cuore ha cessato di battere la sera del 10 novembre, ma la vita, quella vera di Mattia, era finita alle 12.50 del 1º marzo del 2007. La sua storia, banale e tragica, aveva commosso i bolzanini che a lungo hanno fatto il tifo per quel ragazzone, appassionato di calcio e tifoso dell'Inter.

Il dramma il 1º marzo di sette anni fa: lavorava nel negozio di scarpe Twenty di via Leonardo da Vinci, ma da qualche giorno era a casa in malattia. Nulla di grave: per guarire da una fastidiosa cistite il medico gli aveva prescritto un antibiotico. Sarebbe tornato a lavorare nel giro di pochi giorni. La sfortuna però ha voluto che quel maledetto giovedì fosse solo nell'appartamento di viale Trieste: la mamma era andata a Modena a trovare sua sorella; l'amico Mirko, invitato per pranzare assieme, era arrivato troppo tardi.

Mattia, dopo aver assunto il farmaco, si era sentito male a causa di uno shock anafilattico. Aveva avuto solo il tempo di chiamare il 118, poi era svenuto. I soccorritori si erano trovati davanti ad una porta sbarrata. È così che si erano persi minuti preziosi: era stato rianimato, il cuore era tornato a battere, ma il cervello si era spento per sempre. Coma vegetativo: la sentenza dei medici. Aveva 24 anni.

Nonostante gli accertamenti ai quali era stato sottoposto non lasciassero spazio alla speranza, i genitori Dilva e Renato, assieme alla sorella Francesca, si erano battuti, ottenendo di portarlo in Germania, in un centro specializzato nei "risvegli".

Ci era rimasto alcune settimane e gli amici si organizzavano per andarlo a trovare: nel weekend macinavano centinaia di chilometri per stargli vicino. Nulla da fare. Il miracolo non era avvenuto e Mattia era tornato a Bolzano.

Speranze finite. I genitori avrebbero voluto riportalo a casa, ma si erano dovuti arrendere: impossibile assistere a domicilio un paziente in coma vigile. È così che il centro lungodegenti di Firmian era diventato la sua nuova casa. Nella cameretta i genitori e Francesca avevano ricostruito l'ambiente familiare: c'erano le foto di Mattia al mare, bello, abbronzato, pieno di vita. C'era il poster di Ibrahimovic, l'ex fuoriclasse dell'Inter, la sua squadra. C'erano i manifesti delle feste, dei tornei, delle serate organizzate dall'associazione "Forza Mattia" per raccogliere fondi per aiutare altre persone in difficoltà. Pezzetti di normalità per portare un po'di vita in quella stanza troppo asettica.

Ai suoi funerali la chiesa di Regina Pacis era gremita soprattutto di giovani. Annika Schluderbacher, un’ amica, l’aveva salutato con queste parole cariche di commozione: «Hai trasformato la sofferenza in unità, entrando nel cuore di tutti: grazie».













Altre notizie

Attualità