BRENNERO

L'allarme di Kronbichler: «Sul Brennero non vedo un dietrofront»

«Ho l’impressione che Alfano si sia fatto ingannare dalle parole del ministro austriaco Sobotka». Intanto anche la Germania attacca l'Italia


di Antonella Mattioli


BOLZANO. Il “muro” al Brennero - fatto non di cemento ma di controlli su auto, camion, pullman in transito - l’Austria lo ergerà oppure no? A sentire le parole del ministro dell’Interno Angelino Alfano, dopo l’incontro avvenuto giovedì a Roma con il suo omologo austriaco Wolfgang Sobotka, c’è da stare tranquilli: «Abbiamo evitato fino ad ora una crisi e la chiusura del Brennero», le sue parole.

Ma è davvero così? Lo abbiamo chiesto a Florian Kronbichler, deputato di Sel, che sta seguendo con attenzione l’emergenza profughi e domenica ha partecipato alla manifestazione dei centri sociali contro le misure che l’Austria vuole adottare per “difendersi” dal possibile arrivo di migliaia di profughi dall’Italia come conseguenza della chiusura della rotta balcanica.

«Sinceramente non mi pare ci sia stato alcun dietrofront da parte austriaca. Qui si gioca sul significato delle parole: gli austriaci non hanno mai usato il termine “muro”, ma degli eufemismi come Grenz-management, ovvero organizzazione-controllo dei confini. Certo non ergeranno un muro, ma ripristineranno i controlli alla frontiera che tradotto significa, paralisi della circolazione sull’A22 dal Brennero a Verona».

E allora come spiega la soddisfazione del ministro Alfano al termine dell’incontro?

«Si è dimostrato un po’ ingenuo: ho avuto l’impressione che si sia fatto ingannare dalle parole del ministro austriaco».

È un po’ strano.

«Se non è ingenuità, allora le parole di Alfano si spiegano solo con la volontà di tranquillizzare i cittadini e le categorie economiche, preoccupate per le ripercussioni anche economiche che avrà il ripristino dei controlli al Brennero».

Quindi, secondo lei, l’Austria procederà di fatto alla chiusura del confine?

«Come l’Austria intende procedere, l’ha fatto dire nientemeno che al capo della polizia nordtirolese Helmut Tomac in una conferenza svoltasi mercoledì, ovvero poche ore prima della trasferta romana del ministro Sobokta. Lì si è spiegato chiaramente che tipo di controlli e con che modalità verranno effettuati sui mezzi in transito al confine. La cosa curiosa è che durante l’impero austro-ungarico l’Austria era famosa per la sua diplomazia, adesso usano la polizia per comunicare le strategie del governo».

Sobotka ha chiesto di mandare la polizia austriaca ad effettuare i controlli sui treni già in territorio italiano: su questo l’Italia ha detto no.

«Questa è l’unica novità dell’incontro tra i due ministri, visto che fino allo scorso anno sui treni italiani c’erano anche i poliziotti austriaci impegnati nei controlli anticlandestini».

Lei ha parlato anche con il ministro degli esteri Paolo Gentiloni della questione?

«Sì. Lui, che è una persona molto in gamba e preparata, mi ha confessato che si è un po’ sottovalutato quello che l’Austria intendeva fare pensando che si trattasse di un’iniziativa ad uso elettorale. C’era la convinzione che non sarebbero mai passati dalle parole ai fatti. Adesso però c’è la volontà di essere più rigidi, perché il ripristino dei controlli alla frontiera avrà l’effetto di paralizzare la circolazione sull’autostrada».

Gli austriaci e anche i tedeschi rimproverano all’Italia di non fare i controlli: ovvero di non identificare quanti arrivano sul nostro territorio col risultato che vanno tutti Oltrebrennero.

«Non è vero: negli hot-spot italiani i controlli si stanno effettuando».

C’è il timore per l’arrivo di migliaia di migliaia di profughi.

«Tutto questo “riarmo” del confine si sta facendo in vista di un evento del tutto ipotetico: non c’è finora alcun aumento degli arrivi».

Con l’inizio della bella stagione le cose però potrebbero cambiare.

«Si parla sempre di ipotesi. La verità è un’altra».

Ovvero.

«Che il governo in carica è stato preso dal panico, dopo la sconfitta al primo turno delle presidenziali. Sono convinti di aver pagato un pesante conto elettorale per non essere stati abbastanza duri sulla questione profughi».













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