L’Avvocatura dello Stato boccia la legge sui toponimi 

L’avvocato Gentili: «L’obbligo della bilinguità deve esserci sempre e in ogni caso» Dopo il mancato accordo in Commissione dei Sei, la Consulta chiamata a decidere


di Maurizio Dallago


BOLZANO. Ve la ricordate l’ultima legge provinciale sulla toponomastica. Porta la data del 20 settembre 2012. C’era ancora Durnwalder a Palazzo Widmann. Istituiva tra le altre cose il repertorio dei toponimi e il Comitato cartografico provinciale. Una legge che venne subito impugnata dal governo d’allora - lo guidava Mario Monti - con ricorso alla Consulta pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 16 gennaio 2013. Da allora sono passati cinque anni. Tutto si è fermato e la Corte costituzionale ha accolto nel tempo le richieste di sospensione della discussione per cercare di trovare la quadra nelle Commissione paritetica, attraverso specifica norma d’attuazione. Quadra che però non è arrivata, con Roberto Bizzo che si è messo di traverso. E la Svp su tutte le furie, tanto che negli ottimi - così definiti dalla Stella alpina - cinque anni di collaborazione con i governi Pd, l’unico punto indigesto e sottolineato dal senatore Zeller è stato proprio il mancato accordo sui toponimi.

Aspetta, temporeggia e rimanda, tanto che adesso la Consulta ha fissato per il prossimo 7 marzo l’udienza pubblica. Difficili ulteriori rinvii, spiega il senatore Francesco Palermo nella scheda qui a fianco. Una legge, quella provinciale, stroncata in maniera netta dall’Avvocatura dello Stato, come assolutamente anticostituzionale per tutta una serie di motivi, che riportano poi ad un concetto solo: i nomi dei toponimi in Alto Adige devono essere bilingui o trilingui nelle valli ladine. Nulla di più, nulla di meno. E al riguardo si citano la Costituzione, lo Statuto d’autonomia ed alcuni decreti del Presidente della Repubblica.

La legge provinciale. La legge provinciale istituiva il repertorio dei toponimi della provincia di Bolzano. «Ogni toponimo è raccolto nelle versioni in lingua tedesca, italiana e ladina, in quanto in uso in ciascuna di tali lingue a livello di comunità comprensoriale, e approvato dal Comitato cartografico provinciale. La proposta di inserimento è indirizzata al Comitato cartografico provinciale dal consiglio della comunità comprensoriale territorialmente competente, tenuto conto delle denominazioni diffusamente utilizzate nelle rispettive lingue e del mantenimento invece della dizione originaria dei nomi storici». Così nella legge del 20 settembre 2012. Il famoso Comitato è composto da sei persone esperte in materia storica, geografica e cartografica, che viene, nominato dalla giunta provinciale per la durata di una legislatura. «Tre componenti, uno per ciascun gruppo linguistico, vengono designati dal consiglio provinciale, su proposta dei consiglieri del rispettivi gruppi linguistici, e tre dalla giunta provinciale su proposta degli assessori dei rispettivi gruppi linguistici», ancora nella legge, «con le decisioni adottate a maggioranza assoluta dei presenti».

L’Avvocatura dello Stato. Ebbene l’avvocato dello Stato, Paolo Gentili - che già in passato si è occupato della materia - non lascia spazio ad equivoci. «L’art. 8 dello Statuto prevede che “le Province hanno la potestà di emanare norme legislative in materia di toponomastica, fermo restando l’obbligo della bilinguità nel territorio della provincia di Bolzano”. Questa previsione chiaramente impone che la toponomastica della Provincia di Bolzano sia sempre e in ogni caso bilingue», afferma l’Avvocatura dello Stato. Citando poi l’Accordo di Parigi e l’art.101 dello Statuto d’autonomia Gentili ricorda che «tali previsioni significano che la toponomastica italiana è imprescindibile, e che la redazione bilingue della toponomastica si attua prevedendo sempre anche una dizione tedesca e inoltre, nei casi dell’art. 102 (Statuto, ndr), ladina».

Gli articoli 101 e 102 dello Statuto d’autonomia, che dettano disposizioni specifiche in tema di toponomastica, vanno poi letti - secondo l’Avvocatura dello Stato - «nella cornice generale dell’art. 99 dello Statuto, secondo il quale “nella regione la lingua tedesca è parificata a quella italiana che è la lingua ufficiale dello Stato. La lingua italiana fa testo negli atti aventi carattere legislativo e nei casi nei quali dal presente Statuto è prevista la redazione bilingue”. Nessun atto pubblico, e quindi, per quanto qui interessa, nessuna cartografia ufficiale e nessuna indicazione toponomastica, può quindi essere redatto soltanto in lingua tedesca o ladina. È sempre necessaria la redazione italiana, a cui quella bilingue o trilingue viene parificata».

I Comprensori. «La disposizione contenuta nel comma 4 (l’uso dei toponimi a livello comprensoriale, ndr) consente che in futuro alcuni toponimi possano essere solamente monolingui e, in particolare, che quelli in lingua italiana già previsti dalla legislazione statale in vigore possano essere eliminati dalla toponomastica ufficiale sulla base del criterio (puramente empirico, peraltro neppure minimamente specificato)», ancora l’avvocato Gentili. Ciò comporta come conseguenza che sia introdotta - non importa se solo potenzialmente e parzialmente - nel «territorio della provincia di Bolzano» una toponomastica ufficiale monolingue: «Cioè un tipo di toponomastica vietato dalle disposizioni internazionali e costituzionali. Queste, al contrario, garantiscono, attraverso la reintroduzione ufficiale dei toponimi in lingua tedesca, la bilinguità da essi prescritta a garanzia dei diritti della popolazione di lingua tedesca, ma non attribuiscono alla Provincia, come invece prevede la disposizione regionale in esame, la competenza ad intervenire sulla toponomastica ufficiale in lingua italiana già esistente (il cui vigore è, come già detto, presupposto sia dall’Accordo di Parigi che dallo Statuto) e non legittimano pertanto la legge provinciale a determinare (neppure in via parziale e ipotetica) l’eliminazione dell’italiano dalla “nomenclatura topografica bilingue” attraverso il criterio dell’uso a livello di comunità comprensoriale».

«Considerate le limitate funzioni e struttura territoriale e demografica delle comunità comprensoriali, appare evidente l’estraneità istituzionale di questi enti alla materia della toponomastica», ancora Gentili.

La mobilità. «La denominazione dei luoghi è essenziale per la libera mobilità delle persone nell’intero e inscindibile territorio nazionale. Ciò implica che tale denominazione debba essere caratterizzata tendenzialmente dalla stabilità. Tale disposizione, infatti, che delega ad organi politico-amministrativi, quali il consiglio comprensoriale e comitato cartografico, la funzione di accertare e di approvare i toponimi viola infatti il preciso disposto di cui all’articolo 101 Statuto, che demanda direttamente alla “legge provinciale” la funzione di accertare l’esistenza dei toponimi in lingua tedesca (... e non anche di quelli in lingua italiana, già ufficializzati) e di approvarne la dizione, e riserva pertanto direttamente alla legge e, quindi, all’organo legislativo del consiglio provinciale detta funzione».

Il Comitato cartografico. «La composizione ivi prevista non può considerarsi paritaria poiché - in combinazione con il principio maggioritario stabilito per l’adozione delle deliberazioni - consente in ogni momento la formazione di alleanze di due gruppi linguistici contro l’altro dando dunque luogo - in una materia cosi delicata per l’identità culturale e per la sensibilità storica e politica per i singoli gruppi - a decisioni adottate da maggioranze “etniche”». Queste le principali osservazioni dell’Avvocatura dello Stato. Ai giudici della Consulta il compito di stabilire l’illegittimità costituzionale o meno della legge provinciale.

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