L’Hotel Città compie 100 anni

Aprì i battenti nell’aprile del 1913. L’edificio in origine era di proprietà dell’Archidiocesi di Trento


di Ettore Frangipane


BOLZANO. L’hotel “Città” ha cent’anni. E’ stato aperto infatti nell’aprile del 1913, in un momento felice per il turismo atesino. Il “Tiroler”, che si stampava allora a Bolzano, e che descrisse il nuovo albergo (17/4/1913), quello stesso giorno dedicava un’intera pagina (con due foto!) alla rinnovata e potenziata funivia del Colle che riprendeva la sua attività e narrava dell’affollato via-vai della funicolare del Guncina. Il mese precedente era stato aperto il “Caffè Città”. Poi fu la volta dell’albergo intitolato “Città di Bolzano” (“Cafè und Hotel der Stadt Bozen”), affidato alla gestione del signor Franz Opitz, “noto a Bolzano per la sua vasta esperienza nel settore”. Ma se l’albergo fu aperto nel 1913, v’è da aggiungere che la costruzione che tuttora lo ospita risale a tempi ben anteriori. In origine era infatti di proprietà dell’Archidiocesi di Trento.

Fu sottratto alla Chiesa e secolarizzato dall’imperatore Giuseppe II (1745/1806) nel quadro del ridimensionamento imposto alle proprietà della Chiesa da parte del Kaiser illuminista.

L’edificio divenne proprietà del Comune che vi ospitò la “Mädchenschule”, un istituto medio superiore femminile, più conosciuto come “Töchterschule”. Giovani donne, pertanto, ma anche il deposito dei vigili del fuoco, organizzati dal “ginnasiarca” Anton Schießl, fondatore del “Turnverein”, la prima società bolzanina di ginnastica. All’inizio del secolo scorso nel quadro dell’intensa attività edilizia varata dal sindaco Julius Perathoner, che amministrò esemplarmente la città per ben 27 anni, fu realizzata la “Franz Josef Schule”, che ospitò scolare e studentesse (fu “Scuola Cairoli” durante il fascismo, è ora intitolata a Goethe). Il vecchio edificio di piazza Walther si rese così nuovamente disponibile e il Comune pensò di farne un albergo di lusso.

Fu incaricato del progetto lo studio dei fratelli Ludwig di Monaco, già progettisti del “Parkhotel Laurin” (1910), che potenziarono la ricettività della struttura portandola da due a tre piani e nell’aprile del 1913 il nuovo albergo apparve in tutta la sua ridondante imponenza. Il ”Tiroler” scrisse: “Il salotto buono di Bolzano si adorna di una nuova elegante costruzione, di un prezioso prodotto dell’architettura locale, della testimonianza esemplare delle nostre capacità imprenditoriali”. Scrisse ancora: “La facciata con i suoi balconcini è bene articolata ed esibisce tutti gli elementi del barocco atesino, bello e semplice”. Caffè al piano terra, “94 camere ariose ed illuminate, in parte collegate tra di loro, tutte dotate dei conforti più moderni”. E poi: “Le pareti, alte fino a 3 metri, sono coperte di marmo giallo veronese, e le porte sono di marmo grigio di Salisburgo”. E inoltre: “L’edificio è costruito egregiamente, e la stessa sua collocazione non potrebbe essere migliore: davanti alle sue finestre si estende piazza Walther, si staglia il duomo con la sua torre traforata, e sullo sfondo si vedono le pendici boscose del Colle e del Virgolo”. Dopo la prima guerra mondiale lo “Stadthotel” diventò “Hotel Città”, ma il fascismo non rinunciò allo zampino nazionalista, tant’è vero che il caffè fu intitolato “Grand’Italia” e negli anni Trenta il termine “Hotel” fu italianizzato in “Albergo”. Le cronache ricordano i danni della guerra: due volte il “Città” fu danneggiato dalle bombe, il 29 marzo e il 13 maggio 1944, ma i preziosi arredamenti erano stati trasferiti ad Appiano e Merano. Nel dopoguerra in assenza di strutture (il teatro era stato distrutto) vi recitò il “Carrozzone”, futuro Teatro Stabile (Romolo Valli, Adriana Asti, Ugo Bologna, Mariangela Melato tra gli altri). Al “Città” - ricordano i gestori Francesco ed Hannelore D’Onofrio - pernottarono musicisti come Claudio Abbado e i tanti qui richiamati dalla vocazione musicale di Bolzano (basti pensare al “Busoni”). Una novità di dieci anni fa è rappresentata dal punto di vendita “Sacher”, ove – unico posto esterno all’Austria – si può acquistare l’autentica “Sachertorte”, altrimenti reperibile solo a Vienna, Salisburgo, Innsbruck e Graz. D’Onofrio: «E’ una pennellata in più: ci vuole!».













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