L’imprenditrice Spadafora si laurea in Storia a 81 anni

La seconda vita della bolzanina che da ragazza sognava la carriera diplomatica «Adesso mi piacerebbe fare un’esperienza in un’università all’estero»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Non ho ancora deciso cosa farò dopo, non mi dispiacerebbe però iscrivermi ad una facoltà all’estero. Magari nell’area anglosassone». Ñormali progetti di una laureanda del corso di lettere e filosofia con indirizzo storico alla Cattolica. Ciò che è speciale è l’età della studentessa, perché Silvana Spadafora, bolzanina trapiantata da alcuni anni a Milano, di anni ne ha 81. Oggi discuterà la tesi dedicata a Matteo Ricci, il gesuita cartografo missionario in Cina, tra la fine del ’500 e i primi del ’600, che creò un ponte ideologico tra la cultura confuciana e quella cattolica. La storia di questa donna, che nella “prima” vita è stata un’imprenditrice di successo, è la dimostrazione che non è mai troppo tardi per realizzare i propri sogni.

Nata ad Arco e trapiantata con la famiglia a Bolzano all’inizio della guerra, dopo il liceo alle «Marcelline» si era trasferita a Roma in un’epoca in cui le donne che studiavano erano mosche bianche. «Mi ero iscritta a Scienze politiche, perché volevo fare la carriera diplomatica».

Contemporaneamente però coltivava un’altra passione, la moda. Per questo frequentava anche l’Accademia di moda. «Quando avevo un attimo di tempo mi divertivo a buttar giù qualche schizzo».

Suo padre, ad Arco, aveva un maglificio e un giorno Silvana Spadafora gli chiese di prestarle tre macchine. Ingaggiò tre ragazze e cominciò a fare pullover sportivi in un locale di via Grappoli: il taglio era semplice, ma i dettagli erano curati. «C’era un mio conoscente che aveva un negozio in Val Badia, glieli diedi. In una settimana erano già venduti».

Così, abbandonati i testi di diritto internazionale, decise di lanciarsi nell’attività imprenditoriale. Estro e capacità manageriali, ne decretarono il successo: nel 1966 la Fisi commissionò alla “Silvy tricot” i maglioni per la nazionale di sci in partenza per i Mondiali di Portillo in Cile. Per l’occasione Silvana Spadafora aveva puntato su una novità: maglioni con l’imbottitura in poliuretano espanso sulle maniche. Risultato duplice: un tocco di originalità e una speciale protezione per i gomiti degli atleti, in particolare per gli slalomisti.

«Da allora per 20 anni la squadra azzurra ha vestito i miei modelli. Poi si aggiunsero i team di Austria, Germania e Romania». Dai maglioni di sci la produzione si era poi estesa alle tute da tennis e ad altri capi di abbigliamento sportivo. Seppur con il pianto nel cuore, Spadafora agli inizi del Duemila ha venduto l’azienda che si era ampliata prima in uno stabilimento realizzato in via Resia e poi in zona produttiva. È allora che l’imprenditrice ha deciso di tornare a dedicarsi allo studio. Prima corsi di filosofia e storia, poi lezioni di ritratti ed acquerelli a Brera.

«Cinque anni fa l’iscrizione alla Cattolica. L’impatto all’inizio è stato forte: mi sono trovata in mezzo ad una marea di giovani che mi chiamava “signora”. Ben presto comunque mi sono sentita a mio agio. Quello che mi avviliva di più era la mia difficoltà a fare anche 200 scalini al giorno per spostarsi da un’aula all’altra».

Come è nata l’idea di una tesi su padre Matteo Ricci?

«Perché una ventina di anni fa, in occasione di un viaggio in Cina, la guida mi disse: «Adesso ti porto sulla tomba di un tuo connazionale, padre Matteo Ricci». Si meravigliò quando dovetti confessare che non sapevo chi fosse, per questo ho deciso, a distanza di tanti anni, di andare a studiare la vita di questo personaggio interessantissimo».













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