L’integrazione? Comincia in classe

Istituti italiani, un alunno su 4 è straniero. L’Ispettore Tarter: siamo partiti con gli albanesi 25 anni fa, ora siamo attrezzati


di Massimiliano Bona


BOLZANO. «La scuola italiana, più di quella tedesca, negli ultimi 25 anni, da quando sono arrivati gli albanesi in poi, ha dovuto riparametrarsi. Gli stranieri in classe, oggi, sono uno su quattro, molti di seconda generazione. Abbiamo cambiato pelle trasformando questa sfida in un’opportunità»: a parlare è l’ispettore Sandro Tarter, che ha organizzato un convegno alla Lub con relatori qualificati - dall’antropologo Aime al regista e fotografo Loy fino al sociologo Ali Adel Jabbar, esperto dei processi migratori e interculturali. «Quando ti confronti - spiega Tarter - quotidianamente in aula con ragazzi pachistani, indiani e africani inizi a chiederti anche se dare la stessa importanza a Dante o Manzoni». Rispetto alla scuola tedesca quella italiana ha vissuto per un lungo periodo come un handicap il fatto di avere sempre più iscritti con background migratorio. «Da noi sono concentrati in pochi istituti, nelle scuole tedesche distribuiti anche in periferia. L’impatto era ed è molto diverso».

Rispetto al resto d’Italia non ci sono mai state proteste o raccolte di firme dei genitori contro l’eccessiva presenza di stranieri in classe. «Ha prevalso l’accoglienza e la voglia di integrare». La prima, vera, risposta istituzionale c’è stata peraltro solo nel 2007 con l’istituzione dei Centri linguistici. «Si sono trasformati - sottolinea Tarter - anche in un’occasione per lavorare assieme per docenti italiani e tedeschi. Poi sono arrivati anche i mediatori culturali». L’immigrazione, a lunga scadenza, può trasformarsi in un’opportunità per tutti. Partendo proprio dalla scuola. «Certo, bisogna costruire i ponti giusti». Come sottolinea anche la Sovrintendente Nicoletta Minnei è stata «una giornata voluta per riflettere sull’importantissimo ruolo che la scuola ha svolto e svolge nei processi di integrazione sociale, sia perché da 25 anni accoglie nelle proprie classi bambini provenienti da decine di Paesi del mondo - molti dei quali attivi in vari ambiti professionali o di studio - sia perché si è rivelata, anche per le famiglie, il primo approccio con la nostra società». Molte le storie di integrazione raccontate, oltre ad alcuni esempi di buone pratiche. Tante le testimonianze di percorsi scolastici ben riusciti, da Jacopo ad Amir, da Ferdaous a Sami, da Dajt a Chair.

Le cifre. L’idea di una scuola multiculturale, in cui nessuno deve sentirsi straniero o comunque fuori posto, sta diventando (lentamente) realtà. Certo, le cifre aiutano a comprendere un fenomeno in costante crescita. Il picco di stranieri si registra è alla scuola materna (24,73%) e alle scuole primarie (25%), mentre scende alle medie (22,79%) e alle superiori (17,18%). All’asilo i bimbi stranieri nati all’estero sono solo il 3% (il 21% è nato qui), ma alle superiori si arriva al 17%. Gli alunni stranieri di seconda generazione alle scuole dell’infanzia italiane sono l’85%. E chi si ferma a vederli giocare e scherzare si accorge che sono più italiani degli italiani. Ma, non di rado, hanno una marcia in più. Sapere più lingue e appartenere a più culture aiuta anche a trovare un lavoro migliore.

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