Storia

La Bolzano di Frangipane, un racconto senza fine

Il noto giornalista bolzanino presenta l’ultimo volume (il quattordicesimo) di “Bolzano scomparsa”. Tante storie e personaggi che si intrecciano dall’Ottocento a oggi



BOLZANO. A Bolzano c'è una scheggia. È un ferro tutto abbrustolito e se ne sta, appeso ad un muro, sul LungoTalvera. Quello sinistro. A fianco ha una scritta, che dice pressappoco così: questa casa è stata distrutta da una bomba il 4 gennaio del 1945, poi l'abbiamo ricostruita. Ecco, la scheggia è quel che resta di quegli ordigni fatti cadere sulla città dagli aerei alleati. È il ricordo di una bomba. Da immaginare, visto quel residuo tutto punte e metallo contorto, quello che ha provocato su uomini e cose. È un monumento, quasi privato, alle nefandezze della guerra. Ma anche, visto quello che è accaduto dopo a quella casa, alla ricostruzione che ne seguì. Come dire: gente che passate di qui, sappiate cos’è invece passato un po' di anni fa in questi stessi luoghi. Oggi appare su villa Schönblick. Poi ci sono i cuscinetti a sfera. Componente essenziale di quel settore che oggi chiamiamo dell'automotive. Più volgarmente: le macchine. Per sfuggire ai bombardamenti, laggiù molto intensi, una delle fabbriche che le produceva questi cuscinetti metallici, si trasferì da Ferrara a Bolzano intorno al '43. Arrivarono qui operai e macchinari. E anche i cuscinetti. Ebbene, anche dopo la guerra queste componenti non è che rimasero inutilizziate, anzi. Ne avvenne infatti un uso abbastanza singolare visto che tanti ragazzi bolzanini li recuperarono e ne fecero ruote per un modello molto spartano di veicolo, quasi un piccolo bob, ma che non correva sul ghiaccio bensì su ogni superficie possibile, dall'asfalto ai cubetti delle strade. Molti che oggi superano abbondantemente gli "anta" ne hanno un ricordo preciso di quell'asse di legno supportata dai quattro cuscinetti a sfera: non solo di belle memorie ma anche di ginocchia e di gomiti sbucciati.

Anche questa era ed è Bolzano. Si tratta di una città in cammino. Lo sta facendo oggi, bene o male, lo ha fatto sempre: ieri e ieri l'altro. Camminare, per una comunità, non significa solo fare grandi cose. O attuare grandi disegni politici. Vuol dire anche muoversi a piccoli passi, compiere progressi nella percezione delle cose o acquisire saggezza dalle esperienze dei singoli cittadini. Oppure ancora far tesoro di quello che è accaduto per servirsene nel presente. La sostanza è che Bolzano è fatta, soprattutto, di piccole storie, più che di grandi. Si regge su un tessuto diffuso di episodi, testimonianze, oggetti o architetture, case e cose che ne hanno costruito alla fine l'identità. Andare alla ricerca di questi percorsi spesso nascosti, a volte dimenticati o mantenuti solo dentro le memorie personali e famigliari, vuole dire alla fine comprendere anche la grande storia. Mettere insieme un puzzle che può rivelare il mosaico più esteso, dove ognuno saprà infine riconoscersi, trovando la ragione della presenza di un oggetto, o individuando il percorso di un palazzo.

È questo il percorso che sta compiendo, da decenni, Ettore Frangipane. Giornalista - collabora con l'Alto Adige - scrittore, indimenticato cronista sportivo della rai dei tempi eroici, quelli di Thoeni e di Klaus Dibiasi. Ha intitolato questa sua ricerca "Bolzano scomparsa". Che è ora arrivata alla sua 14ma edizione.

È infatti uscita la sua ultima fatica: "Bolzano scomparsa 14, la città e i dintorni nella vecchie cronache" (Curcu e Genovese editore, 127 pagine, 15 euro) e che sarà presentata oggi, lunedì 30 ottobre alla Biblioteca Claudia Augusta (ore 17.30).

La tecnica iniziale di questo itinerario è stata all'interno di una approfondita ricognizione dei giornali dell'epoca. Da quando è stato inventato il quotidiano in Alto Adige ad oggi. O quasi. Spulciare quelle pagine nelle biblioteche e negli archivi ha consentito a Frangipane di scovare un numero infinito di fatti, personaggi, episodi che la città i suoi abitanti hanno percorso nel corso di quasi due secoli. Ed infine raccontare una comunità per mezzo della sua vita vera, giorno per giorno.

In questo ultimo libro si passa dallo svelare la storia dei reduci alpini dalla Russia che raccontano di essere sopravvissuti anche perché "rubavamo gli scarponi ai morti", al Mussolini accolto trionfalmente a Bolzano, a don Nicolli che accompagna i condannati a morte dai nazisti, al partigiano somalo che venne paracadutato qui e ucciso alla fine della guerra. Passando dalla "Botzen" già turistica oltre 140 anni fa a Klaus Dibiasi intervistato - foto di copertina - dallo stesso Frangipane dopo uno dei suoi tanti trionfi, alla storia dei palazzi di Gries, agli "spazzini ad acqua" e ai primi mezzi elettrici negli anni Trenta. Insomma, siamo noi. Cambiano le uniformi, i volti, le politiche ma alla fine tutto è qui, casa per casa, a raccontare una storia mai finita. (p.ca.)













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