La Cassazione: Barbara Repetto dovevadimettersi prima dalla società Bls

La sentenza spiega che l'assessore non poteva essere eletta in quanto componente del Cda di una società a partecipazione pubblica


Mario Bertoldi


BOLZANO. A tradire l’assessore provinciale Barbara Repetto, dichiarata ineleggibile (e dunque decaduta dall’incarico) dalla Corte di Cassazione, è stata la presenza nel consiglio di amministrazione del Bls, società per azioni a totale partecipazione pubblica. Al momento della sua elezione Barbara Repetto risultava ancora inserita nel cda della società nonostante la candidata del partito democratico avesse deciso di tutelarsi autosospendendosi in attesa di conoscere l’esito della competizione elettorale. E’ stata proprio questa la valutazione errata di fondo costata cara a Barbara Repetto. Lo si evince dalle motivazioni della sentenza della Suprema Corte che accoglie il ricorso presentato da Roberto Bizzo, primo dei non eletti nelle file democratiche. In sostanza Barbara Repetto pensò, sbagliando, di trattare la questione come fosse un problema di incompatibilità, rimuovibile ad elezione avvenuta. Scrive la Corte di Cassazione riferendosi alla posizione di Barbara Repetto all’interno del consiglio di amministarzione del Bls spa: «...nè rileva il fatto che in precedenza l’amministratrice avesse dichiarato la sua autosospensione dall’incarico, posto che le sue dimissioni effettive sopravvennero all’elezione, perchè, secondo la giurisprudenza di questa Corte, le cause di ineleggibilità alle cariche pubbliche elettive, diversamente dalle cause di incompatibilità, limitano il diritto di elettorato passivo e ove non siano rimosse entro un certo termine precedente le elezioni, le invalidano, senza che al cittadino sia consentito di scegliere, una volta eletto, tra l’ufficio precedentemente ricoperto e quello elettivo».
 Nella sentenza la Corte di Cassazione prende in considerazione, e supera, uno dei motivi di difesa più suggestivi proposti dagli avvocati di Barbara Repetto e cioè il fatto che il Bsl al momento dell’elezione della candidata non fosse ancora in attività. Di fatto - avevano sempre sostenuto gli avvocati difensori - la causa di ineleggibilità non sarebbe stata operativa. La Corte di Cassazione supera questa argomentazione (considerandola infondata). I giudici non considerano decisivo il fatto che la società, pur essendo iscritta nel registro delle imprese, non avesse ancora iniziato ad operare. «L’incidenza sulla libertà di voto, cui la causa di ineleggibilità si ricollega - si legge nella sentenza - può derivare anche dalla prospettiva di un futuro esercizio dei poteri connessi alla carica di amministratore».
 La stessa sentenza fa infine chiarezza su un altro punto cavalcato dalla difesa di Barbara Repetto e cioè la presunta ineleggibilità solo di un amministratore che sia anche rappresentante legale della società a partecipazione pubblica. In primo e secondo grado i giudici avevano ritenuto che il riferimento ad amministratori e dirigenti dovesse essere inteso come specificativo del riferimento ai legali rappresentanti. La Corte di Cassazione boccia questa interpretazione rilevando, sotto il profilo logico, che se il legislatore avesse voluto limitare l’ineleggibilità ai soli legali rappresentanti «non vi sarebbe stata alcuna esigenza di fare riferimento agli amministratori e ai dirigenti in funzione specificativa».
 Sul tema è intervenuto ieri anche Luis Durnwalder. “Non sono Berlusconi e sono dell’avviso che le sentenze vadano rispettate”. Così, il governatore altoatesino sulla vicenda dell’assessore Barbara Repetto, che deve lasciare per la decisione della Corte di Cassazione.













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