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La Cassazione: dirigenti, l’incarico non è per sempre 

La sentenza della Corte sul contenzioso avviato 10 anni fa da Anna Vittorio, che contestava la mancata conferma a direttrice di ripartizione: accolta la tesi del Comune



BOLZANO. Al termine di un contenzioso durato dieci anni, il Comune, dopo aver visto accolte le sue tesi in appello, adesso ha vinto anche in Cassazione. Non solo, la corte ha fissato un principio importante: l’incarico dirigenziale (per il quale lo ricordiamo è prevista un’indennità specifica) non deve essere rinnovato automaticamente alla scadenza dei tre anni; in una parola non è per sempre.

Nel caso specifico: la mancata conferma nel 2011 di Anna Vittorio alla direzione della ripartizione cultura del Comune, era legittima. «Stabilito - commenta l’assessore al personale Angelo Gennaccaro - che abbiamo un’ottima classe dirigenziale e senza entrare nel merito della vicenda, il pronunciamento è particolarmente importante perché riconosce di fatto all’amministrazione comunale il diritto di poter - allo scadere dei tre anni - cambiare un dirigente».

Un contenzioso lungo 10 anni

Il caso in questione riguarda un contenzioso, avviato nel marzo del 2011 da Anna Vittorio, all’epoca direttrice della ripartizione cultura del Comune, in quanto non le era stato confermato l’incarico dirigenziale (ruolo nel quale è stata poi confermata nel 2016 dalla giunta guidata da Renzo Caramaschi e che ricopre tuttora, ndr). Il giudice del lavoro, in primo grado, aveva accolto il ricorso della dirigente; contestando all’amministrazione municipale di allora il mancato rispetto degli articoli 4 e 5 del contratto di comparto, previsto per il personale dirigenziale dei Comuni e datato 2 luglio 2010.

Gli articoli in questione prevedono che non meno di tre mesi prima della scadenza dell’incarico di un dirigente vi sia un giudizio complessivo del segretario comunale sul lavoro svolto, di cui va informato il diretto interessato.

Se il giudizio globale è negativo, il dirigente ha il diritto - entro 30 giorni - di presentare le controdeduzioni e solo dopo una ulteriore valutazione la giunta comunale procede - se la valutazione è ancora negativa - alla risoluzione dell’incarico. Questa la procedura che l’amministrazione comunale non avrebbe rispettato; tanto che alla dottoressa Vittorio era stato riconosciuto un risarcimento economico per «perdita di chance», quantificato in 101 mila euro.

La corte d’appello

Il Comune, assistito dall’avvocato Enrico Bertorelle, aveva impugnato la sentenza e la Corte d’appello aveva ribaltato il pronunciamento di primo grado, stabilendo la nullità degli articoli 4 e 5 del contratto di comparto; negato anche il risarcimento che nel frattempo è stato restituito.

La dirigente aveva presentato appello e adesso è arrivata la sentenza della suprema corte che chiude definitivamente il contenzioso: «Correttamente - scrivono i giudici - la Corte d’appello ha ravvisato la nullità dell’articolo 4 del contratto di comparto per il personale di dirigenziale dei Comuni, delle Comunità comprensoriali e delle Apsp della provincia di Bolzano (che prevede l’automatismo del rinnovo dell’incarico dirigenziale, salva la dichiarazione di risoluzione in caso di valutazione negativa) e del successivo articolo 5, trattandosi di materia sottratta alla contrattazione collettiva e regolata dall’articolo 9, comma 32, del decreto legge numero 78 del 2010». A.M.













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