La coppia olimpica domenica di corsa contro la violenza

L’impegno di Niccolò Campriani e Petra Zublasing «È un dovere per noi dare voce alle donne che soffrono»


di Antonella Mattioli ; di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Come sportivi abbiamo la responsabilità di metterci sotto i riflettori su temi importanti dal punto di vista sociale: per questo abbiamo accolto di buon grado la proposta di fare da testimonial». Niccolò Campriani, due ori nella carabina alle ultime Olimpiadi di Rio, e la sua compagna Petra Zublasing, campionessa azzurra nella stessa specialità, domenica saranno al via della corsa sui prati del Talvera, per dire no alla violenza contro le donne di cui troppo spesso ne fanno le spese i bambini, testimoni silenziosi di quello che avviene dentro le quattro mura di case, all’apparenza perfette.

La corsa di domenica assume quest’anno una valenza particolare, perché il 20 novembre ricorre la Giornata mondiale dei diritti dei bambini violati, a volte, anche all’interno della famiglia.

I testimonial. Allenamenti, raduni federali, gare portano entrambi ad essere impegnati spesso in trasferte in giro per l’Italia e all’estero, ma appena possono tornano ad Appiano: paese d’origine di Petra e di adozione per Niccolò, fiorentino doc. Nel poligono dell’Oltradige Campriani e Zublasing hanno preparato anche le gare olimpiche.

«Io e Petra crediamo fortemente nello sport come portatore di messaggi e modelli positivi per le nuove generazioni. Non può essere solo lo strumento per raggiungere nuovi primati».

La violenza sulle donne è un fenomeno “antico” che oggi - dicono gli esperti - è più visibile perché le vittime hanno trovato finalmente il coraggio di denunciare mariti e compagni violenti e sono nate delle strutture dove trovare protezione, ma sembra difficile da sradicare nonostante di questi temi si parli spesso. Da dove bisogna partire?

«Bisogna arrivare ad avere una reale parità tra uomo e donna che oggi ancora non esiste: il discorso è innanzitutto culturale. Si devono eliminare le differenze legate al genere. A partire dalla famiglia, per arrivare al lavoro e agli incarichi nei posti che più contano».

E lo sport cosa può fare?

«Molto. L’impegno delle federazioni, in vista dello Olimpiadi di Tokyo del 2020, è quello di arrivare a portare ai Giochi lo stesso numero di atleti per entrambi i sessi. È un segnale importante che si vuole dare. Del resto, proprio nella carabina che è la nostra specialità, sono le donne - nel caso specifico Petra che è primatista mondiale - ad avere il record migliore in una gara che ha le stesse caratteristiche per maschi e femmine. Per molti giovani, noi sportivi siamo dei modelli, per questo - lo ripeto - è importante impegnarsi in prima persona su certe campagne di sensibilizzazione».

L’omosessualità. Alle ultime Olimpiadi di Rio ci sono stati alcuni casi di atleti o atlete che hanno fatto outing: cosa che in passato non sarebbe stato neppur pensabile.

«Hanno fatto outing e hanno abbattuto antichi tabù, facendo capire che l’amore tra persone dello stesso sesso ha la stessa dignità e deve essere guardato con lo stesso rispetto con cui si guarda a quello tra persone di sesso diverso».

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Altre notizie

Attualità