Sanità

La fuga dei medici in Alto Adige non si ferma. I sindacati: accentuata dal virus 

Edoardo Bonsante (Anaao) e Ivano Simioni (Bsk): «Stanchi, demotivati e stressati se possono vanno in pensione o nel privato». Nel 2021 la media nazionale dei dipendenti che si sono licenziati è stata del 2,9%, in regione tocca circa il 3.10%



BOLZANO. La fuga dei medici - stanchi, demotivati e stressati - anche dagli ospedali dell’Alto Adige, non si ferma. Siamo in linea con quel che accade nel resto d’Italia.

Uno studio Anaao dice che negli ultimi 3 anni il Servizio sanitario nazionale ha perso quasi 21 mila specialisti. Dal 2019 al 2021 hanno abbandonato l’ospedale 8.000 camici bianchi per dimissioni volontarie e scadenza del contratto a tempo determinato e 12.645 per pensionamenti ecc. Nel 2021 la media nazionale dei medici dipendenti che hanno deciso di licenziarsi è stata del 2,9%, percentuale superata dal Trentino Alto Adige che tocca circa il 3.10%.

Una situazione pesante per la provincia di Bolzano a caccia di 500 professionisti della sanità: se due terzi sono infermieri e tecnici gli altri sono medici. Tendenza confermata dall’indagine dell’Istituto Piepoli su input della Fnomceo (Federazione nazionale Ordini dei medici) secondo la quale un terzo dei medici andrebbe in pensione.

Edoardo Bonsante - segretario provinciale Anaao - e Ivano Simioni, segretario Bsk/Aaroi dicono che il problema della fuga dei medici è presente anche nei nostri ospedali e, in linea con resto del Paese, si è accentuato col Covid. «Questione complessa - dice Simioni - non riducibile ad un solo fattore». «Chi ha potuto - dice Bonsante - è andato in pensione, sfruttando quota 100 o altro. Chi è lontano dalla pensione ha cominciato a pensare sempre più seriamente a soluzioni alternative; il lavoro nel privato, pur con tutti i rischi dell'incertezza, appare più attrattivo, perché non vi sono servizi di notte, nei festivi e l'orario è più flessibile ed adattabile».

Simioni spiega che troppo spesso gli specialisti nel pubblico non si sentono apprezzati. «Sono stressati e carichi di lavoro e strizzano l’occhio al privato per non parlare della generazione Z poco incline ai turni di guardia ed alle reperibilità. E poi pensiamo ai medici che vengono da fuori. Per tanti è uno shock, perché una cosa è arrivare in Alto Adige da turisti, un’altra è vivere e lavorare qui. Vogliamo parlare del caro casa?».

«Per la carenza di medici - dice Anaao - ben venga la formazione (parzialmente) sul campo, quel "teaching-hospital" che ora è parzialmente realtà grazie al Decreto Calabria, finalmente recepito anche dalla nostra Provincia e che riequilibria un po' la discriminazione dei giovani specializzandi nei confronti dei loro colleghi che invece hanno sposato il modello di formazione "austriaca". Ma richiamare giovani non sarà sufficiente a lungo se non si modificheranno i contratti e le condizioni di lavoro». «In ospedale - dicono i sindacalisti - abbiamo un contratto appiattito da anni».

In contrattazione - dice Bonsante - dato che la Provincia non vuole stanziare fondi nuovi ho chiesto almeno di chiudere il triennio 2016-2018 con solo qualche modifica normativa per adeguarci al contratto nazionale, in attesa dell'aumento dell'indennità di esclusività, dovutoci per legge, che ormai tutto il resto di Italia percepisce dal 2021. “Certo - incalza Simioni, con un più 27%”. Per tutta risposta ci è arrivata una proposta di chiudere le contrattazioni addirittura fino al dicembre 2021, saltando quindi il triennio 2019-2021, una proposta inaccettabile.

«Nei nostri ospedali è difficile far carriera». Sono anni poi che Anaao combatte contro l'attuale sistema di timbratura, il software "Sp-Expert", la cui gestione, a differenza di quello vecchio, è lasciata in mano ai primari che, a seconda del loro grado di "illuminazione" decidono di impostare un orario largo (flessibile) o stretto (rigido), finendo, nel secondo caso, per creare delle "gabbie" di orario riconosciuto/approvato e di orario automaticamente stralciato, con nette differenze fra reparti ed in certi casi addirittura fra medici dello stesso reparto, con conseguente frustrazione e delusione di chi invece oltre l'orario impostato continua a lavorare dedicandosi ai bisogni di salute dei cittadini o discutendo casi clinici coi colleghi o risolvendo burocrazia in arretrato». Simioni concorda: «La burocrazia ci sta soffocando e la digitalizzazione invece che aiutarci ci ha complicato la vita».

Purtroppo, la carenza di medici instaura un ciclo vizioso perché sotto organico si fa sempre più fatica a lavorare ed aumenta la voglia di scappare, di cercare maggiore autonomia, una maggiore gratificazione professionale.

«Se a questo aggiungiamo - conclude Bonsante - le difficoltà, soprattutto delle colleghe, di beneficiare di un part time sostenibile, se aggiungiamo fenomeni di demansionamento o vero e proprio mobbing e se aggiungiamo il sempre maggior finanziamento del sistema privato da parte anche della nostra Provincia, il gioco è fatto». V.F.

 













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