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La Gries romana: scoperto il più antico edificio pubblico dell'Alto Adige

Una villa pompeiana con annesso tempio sotto le fondamenta dell'ex Grieserhof. Il più importante ritrovamento archeologico di epoca romana nella conca bolzanina


Davide Pasquali


BOLZANO. In occasione dei lavori per la costruzione della nuova casa di riposo a Gries, l'Ufficio provinciale beni archeologici della Provincia ha effettuato una scoperta straordinaria.  Il ritrovamento è stato presentato dall'assessore provinciale Florian Mussner assieme alla direttrice dell'Ufficio beni archeologici Catrin Marzoli nel corso di un sopralluogo.

Bolzano, le foto della villa pompeiana scoperta sotto il Grieserhof

Si tratta del più antico rinvenimento di epoca romana della conca bolzanina (foto Davide Pasquali)

È nelle intenzioni dell'assessore provinciale Florian Mussner musealizzare i resti dei due edifici e renderli accessibili ai visitatori. Come ha detto, si tratta di resti archeologici di valore non indifferente degni di essere conservati e messi a disposizione della popolazione e delle nuove generazioni. A tal fine è già stata disposta una modifica al progetto di costruzione della Casa di riposo. Infatti, il proposito è condiviso anche dalla proprietà del terreno, la Congregazione delle Suore Terziarie di San Francesco, e la fondazione "Sankt Elisabeth", che gestirà la nuova Casa di riposo.

Catrin Marzoli, direttrice dell'Ufficio provinciale beni archeologici della Provincia, ha spiegato che si tratta di due edifici di età romana; una villa di pregio costruita nel I secolo dopo Cristo, dotata di un portico con colonnato e di un edificio pubblico, il primo rinvenuto in Alto Adige.

I reperti, tra i quali frammenti di colonne di marmo, documentano la ricca dotazione architettonica della villa, i cui muri, conservatisi fino a due metri di altezza, erano addirittura affrescati con dipinti di ottima qualità dai motivi floreali e geometrici.

Sono stati rinvenuti resti di capitelli corinzi, una rarità per la zona, ed elementi architettonici in marmo. Al centro del peristilio si trovava una vasca, decorata verosimilmente da un mosaico, di cui sono stati rinvenuti frammenti e singole tessere.

Questi elementi e la testa di una statuetta di marmo di figura femminile, nonché vasellame di fine ceramica, calici di vetro e tre anfore pressoché intatte provenienti dall'area del Nord Italia testimoniano l'elevato standard di vita degli abitanti della villa. Tra i rinvenimenti numerose monete che confermano l'epoca dell'edificio, il I secolo dopo Cristo.

A monte della villa è emersa una struttura imponente, anche risalente al I secolo d.C. ma più antica rispetto alla villa, che come ha fatto presente Marzoli, sicuramente doveva essere un edificio pubblico, realizzato a ridosso della conquista delle Alpi a cura di Druso, figlio adottivo dell'imperatore Augusto.

Per la qualità muraria egregia, si presume possa essere un edificio di culto o un monumento. Nello scavo sono state rinvenute tracce di incendio riferite al 3° secolo dopo Cristo che compromise l'edificio, l'epoca in cui l'Impero romano visse un periodo critico con gli imperatori soldati e le invasioni degli Alemanni attraverso Passo Resia e il Passo del Brennero, sconfitti da Claudio il Gotico nel 268 al Lago di Garda.
L'edificio fu nuovamente edificato nel 3° secolo e ampliato, con un vano nella cui parete è stata murata la base di una colonna.

Si tratta dei resti archeologici più importanti messi finora in luce della romana Pons Drusi, citata nella Tabula Peutingeriana, una carta stradale romana del 4° secolo. Il nome ricorda il ponte di Druso, figlio adottivo dell'imperatore Augusto, che conquistò le Alpi nel 15 avanti Cristo. Suo figlio, l'imperatore Claudio nell'anno 46 dopo Cristo proseguì la costruzione della strada Claudia Augusta. Tutto ciò testimonia l'importanza che assunse la località sulla via di collegamento fra il territorio italico e la zona a nord delle Alpi e giustifica la presenza di edifici quali quelli rinvenuti.

Come ha fatto presente Marzoli, una supposizione in tale direzione era stata fatta dal professor Guido Rosada dell'Università di Padova, supposizione che ora ha trovato conferma.













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